Archivio | marzo 2008
Ascolto
A Venezia, venti disabili fermati dalle barriere architettoniche
D'Alema a Saviano
Ieri è apparso sul quotidiano La Repubblica questo breve articolo nel quale viene riportata una dichiarazione di Massimo D’Alema in risposta
all’articolo firmato da Roberto Saviano e pubblicato sullo stesso giornale qualche giorno fa.
Quell’ articolo è stato riportato anche su questo blog.
Lo scrittore Roberto Saviano aveva invitato i leader nazionali a dire parole chiare sulla criminalità organizzata e Massimo D’Alema gli ha risposto da Scampia: "Saviano chiede una dichiarazione, ma forse alla politica sarebbe meglio chiedere atti e noi ne abbiamo compiuti di rigorosi in termini di rafforzamento delle leggi, di difesa della indipendenza della magistratura e per colpire i patrimoni dei mafiosi. Credo che il suo richiamo sia giusto ma anche che la nostra risposta ci sia".
"Se ci misuriamo sulle cose concrete – ha sottolineato D’Alema – il Pd può dire che fa della difesa della legalità e della lotta alla criminalità un punto fermo della sua visione della società italiana".
Saviano aveva ricevuto molte offerte di candidatura alle elezioni ma vi ha rinunciato perchè "non si può parlare di mafia a una sola parte politica. E il centrosinistra dà sempre per scontato che la mafia stia dall’altra parte".
La Repubblica – 26 marzo 2008
olimpiadi+cina[1]
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Ricordando Aldo Moro
Oggi è stata una giornata di riflessione e di amarezza perchè ciò che sta succedendo nel Tibet non può che intristire oltre che indignare. Ma c’è un altro fatto al quale non riesco a non pensare e che fa aumentare il mio dispiacere: trent’anni fa Aldo Moro veniva rapito dalle Brigate Rosse, che quel giorno uccisero gli uomini della sua scorta. Era il 16 marzo del 1978.
Ho rivisto oggi, ancora una volta, quelle fotografie terribili di tanti anni fa. E come allora, mi sembrano sconvolgenti. Ancora mi chiedo, guardandole, come possa aver vissuto Moro il periodo antecedente la sua morte, cosa possa aver provato dentro di sè, indipendentemente da ciò che è stato scritto.
L’angoscia di un uomo solo, che per quanto coraggioso e fermo nei principi nei quali credeva profondamente, era comunque un uomo, quindi con limiti e debolezze. La paura di dover rinunciare alla vita da un momento all’altro, le probabili costrizioni e i divieti, le minacce, la solitudine dei momenti più bui e più incerti, il ricordo della famiglia in pena per la sua sorte, e forse l’abbandono rassegnato in quel Dio in cui credeva fermamente.
Quante notti insonni nel rivivere il momento del sequestro e la morte dei cinque uomini della sua scorta! L’incertezza del non sapere quale sarebbe stata la sua sorte.
Non mi viene da pensare allo statista, all’onorevole Aldo Moro, questo è compito dei politici e sarà compito degli storici, mi viene da pensare all’uomo, al padre, al marito.
Questa mattina ho sentito l’intervista fatta alla figlia, che, da figlia, ha risposto al cronista che le chiedeva che cosa ricordasse di lui. Ricordava il padre quando, da piccola, la teneva per mano, le raccontava le storie, l’affiancava nel suo percorso di crescita. E non poteva essere diversamente.
Ecco, questa sera, io ricordo Aldo Moro, indipendentemente dalle idee, che si possono condividere oppure no, ne ricordo la morte con rammarico, perchè è intollerabile accettare, senza opporsi, qualsiasi tipo di ferocia, di ingiustizia, di mancanza di rispetto verso un altro uomo, che è un nostro simile!
Piera Maria Chessa
Prima la Birmania, ora il Tibet

