Sono diversi i sentimenti provati durante e dopo la lettura di molti testi poetici di Primo Levi; le poesie qui riportate sono soltanto tre, ma se avessi dato retta al mio impulso, ne avrei trascritto molte di più.
Ognuna di esse mi ha sconvolto per motivi diversi.
Sento ancora nelle orecchie la parola apparentemente innocua del risveglio, che diventa terribile per chi vive nel “campo”e trascorre le notti insonni, in sua attesa.
Trovo bellissima la seconda poesia, scritta molti anni dopo, perché immagino Levi ad opera finita, esausto, svuotato, ed allo stesso tempo incapace di staccarsi da questa sua creatura, da questa figlia.
Infine la terza. Si può vivere a lungo senza mangiare, non senza bere, si sa, ma la voluta insistenza del poeta sull’assenza dell’acqua per l’uomo in fuga,sembra indurre anche noi che leggiamo ad avvertire una profonda sete che non sembra saziarsi.
La chiusa, poi, lascia senza parole tanto è sconvolgente.
Che dire di più?
ALZARSI
Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
Tornare; mangiare; raccontare.
Finché suonava breve e sommesso
Il comando dell’alba:
“Wstawac”;
E si spezzava in petto il cuore.
Ora abbiamo ritrovato la casa,
Il nostro ventre è sazio,
Abbiamo finito di raccontare.
E’ tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
“Wstawac”.
(11 gennaio 1946)
L’OPERA
Ecco, è finito: non si tocca più.
Quanto mi pesa la penna in mano!
Era così leggera poco prima,
Viva come l’argento vivo:
Non avevo che da seguirla,
Lei mi guidava la mano
Come un veggente che guidi un cieco,
Come una dama che ti guidi a danza.
Ora basta, il lavoro è finito,
Rifinito, sferico.
Se gli togliessi ancora una parola
Sarebbe un buco che trasuda siero.
Se una ne aggiungessi
Sporgerebbe come una brutta verruca.
Se una ne cambiassi stonerebbe
Come un cane che latri in un concerto.
Che fare adesso? Come staccarsene?
Ad ogni opera nata muori un poco.
(15 gennaio 1983)
FUGA
Roccia e sabbia e non acqua
Sabbia trapunta dai suoi passi
Senza numero fino all’orizzonte:
Era in fuga, e nessuno lo inseguiva.
Ghiaione trito e spento
Pietra rosa dal vento
Scissa dal gelo alterno,
Vento asciutto e non acqua.
Acqua niente per lui
Che solo d’acqua aveva bisogno,
Acqua per cancellare
Acqua feroce sogno
Acqua impossibile per rifarsi mondo.
Sole plumbeo senza raggi
Cielo e dune e non acqua
Acqua ironica finta dai miraggi
Acqua preziosa drenata in sudore
E in alto l’inaccesa acqua dei cirri.
Trovò il pozzo e discese,
Tuffò le mani e l’acqua si fece rossa.
Nessuno poté berne mai più.
(12 gennaio 1984)