Alcune poesie di Giovanni Nuscis, poeta sensibile, uomo colto, dallo sguardo profondo, attento, equilibrato .
I testi qui pubblicati fanno parte della sua seconda raccolta, suddivisa in quattro sezioni, intitolata "In terza persona" , edita da Manni nel 2006.
dalla Prima sezione
La guerra è qui
in questo mandarino che marcisce;
gli ospedali vuoti
e il male intorno che dilaga.
E basta pronunciarla, la parola
perché tremi la lingua:
noi, la tana in cui la bestia
entra, esce, resta
a testa bassa.
***
S’attenuerà la luce ed il calore
esaurite le scorte, dato fondo
alle energie pulite o sporche.
Ma lo sguardo sarà vivo nell’ombra;
più vicini al nulla ci ritroveremo:
padre, che non sei giudice né lama
vedrai, ci adatteremo
a nuovi dinosauri, a carestie,
a guerre per le briciole rimaste.
La rinuncia, la più ambita conquista.
dalla Quarta sezione
Candele, si spengono
le case. Il pescatore
libera i pesci piccoli,
dalla rete.
Restano vasi di gardenie
nei balconi a seccare.
Tra vuoti di silenzio,
ballano topi e refoli,
e gocciola la notte:
valico difficile
per minute formiche.
Gli specchi degli armadi
riflettono brevi corridoi,
e sempre più frequenti sconosciuti.
***
Sole che muove inverni
gonfiando semi gelidi
quanti giri, quanti
verso un nuovo già vecchio.
Un istante, appena, e siamo dove
più non è quello che prima era.
***
Incroci le dita ogni giorno
un cambio di mano al secondo,
e mano dopo mano una distanza
inedita tra te e il mondo,
un calore inaspettato. O noia, delusione.
Sasso che tra i sassi ti scaldi, o raffreddi:
sempre li anticipi o li segui.
Hai l’unicità d’una canzone
di cui rimane oscura una parola
o sei la nota che ci stona dentro
che ci consola stridendo.
***
Conservo un filo d’erba
sulla lingua,
non lo vedrò piegarsi, e marcire.
Un filo che lega e ravviva
una città sbiancatasi alle spalle.
E’ il viatico degli anni
l’architettura che resta,
con la caduta dei mattoni
che il vuoto rende più leggera.
O, se si vuole, una fede banale,
come pantaloni che proteggono
dai graffi d’un sentiero frastagliato,
così fitto da richiudersi alle spalle,
dopo il passaggio, prima
che si crei un varco
davanti.
Giovanni Nuscis