Archivio | agosto 2009

In vacanza

Stasera parto, andrò in montagna per dieci giorni, ripercorrerò la Valle d’Aosta come tante volte ho fatto.

Amo la montagna, forse anche più del mare, ne amo profondamente i colori, i profumi, i silenzi, diversi da luogo a luogo, le asperità, le altezze, quell’aria particolare che mi avvolge in un fresco abbraccio.

E quelle cime lontane e irraggiungibili che mi ricordano quanto io sia piccola in un Universo che non potrà mai accorgersi di ognuno di noi, e per il quale non siamo niente se non un piccolo anello del Tutto.

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Vi lascio due scritti, uno fotografa un angolo della mia ruvida e tenera isola, l’altro invece racconta la mia passione per le Alpi.

San Giovanni del Sinis

E’ azzurro il mare

davanti a noi,

di un colore irreale,

la sua schiuma candida,

leggera, evanescente

abbraccia la spiaggia

con dolce violenza.

 

Io e te restiamo immobili

per un istante, incantati,

trattenendo il respiro.

 

Una brezza leggera

ci fa rabbrividire,

ma solo un poco

per ricordarci forse

che è giunta Primavera.

 

Il sole di mezzogiorno

allunga i suoi raggi

sugli scogli dorati,

sulla sabbia bianca

e su di noi

che rapiti dalla sua luce

partecipiamo per un momento

allo spettacolo straordinario

che si ripete perennemente.

Istanti

Il sole gioca sulle montagne

con le lingue azzurre dei ghiacciai

che lente camminano verso le valli.

Sulle cime la neve brilla

e domina da regina sugli alti pascoli.

 

A valle, io seguo i pensieri

e assecondo il corso del fiume

che scorre calmo e sinuoso,

e le sue anse interrompono

la monotonia del viaggio.

 

Sulle rive, placide e ignare

del tempo che scorre,

le mandrie gustano ogni istante di vita,

e rubano al sole, che abita i cieli,

il tepore dei suoi preziosi raggi.

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A presto. Ai primi di settembre.

Piera

 Addio a Fernanda Pivano
portò l’America in Italia

Addio a Fernanda Pivano portò l'America in Italia

Milano – "I miei adorati scrittori americani mi accompagnavano durante la guerra facendomi coraggio con le loro storie". E lei, Fernanda Pivano, la compagna italiana degli scrittori americani, si è spenta in una clinica privata di Milano, un mese dopo il suo novantaduesimo compleanno.

Scrittrice, giornalista, traduttrice e critica, nasce a Genova il 18 luglio 1917. A ventiquattro anni – e in piena seconda guerra mondiale – si laurea in Lettere con una tesi in letteratura americana su Moby Dick. Il capolavoro di Melville è la chiave che le apre la porta sul mondo della grande letteratura made in Usa. Nel 1943, pubblica la prima parziale traduzione dell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.

Il suo mentore è Cesare Pavese, già suo professore al liceo D’Azeglio di Torino e il primo di una serie di incontri fondamentali, tra cui quello con il marito, il grande architetto e designer Ettore Sottsass. L’incontro del 1948, a Cortina, è con Ernest Hemingway. Nasce un rapporto di amicizia e di lavoro. Nel 1949, Mondadori manda in stampa la traduzione di Addio alle armi. La Pivano sarà la maggiore curatrice delle opere dell’autore de Il vecchio e il mare.

Il primo viaggio negli Stati Uniti è del 1956. Al suo ritorno, porterà in Italia la poetica, le pagine di letteratura e di vita della beat generation. Di Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti e poi William Burroughs. La prefazione a Sulla strada di un certo Jack Kerouac è sua. Negli anni successivi, traduce Allen Ginsberg, ma anche Bob Dylan. Il suo approccio alla letteratura non conosce steccati. Di Fabrizio De Andrè dirà, prima di altri, "è il più grande poeta italiano del Novecento".

Intanto, inizia a raccogliere i ricordi dei grandi che ha incontrato: Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Dorothy Parker, William Faulkner. Tutti protagonisti del suo libro I mostri degli anni Venti, del 1976. Seguono l’intervista a Charles Bukowski, Quello che mi importa è grattarmi sotto le ascelle e una fondamentale biografia di Hemingway.

I suoi Diari (1917-1973), pubblicati da Bompiani, sono una messe di aneddoti ed episodi tratti da una vita straordinaria. Negli ultimi anni, la Pivano continua a promuovere e a riconoscere il talento dei nuovi narratori d’America: Bret Easton Ellis, Chuck Palahniuk, David Foster Wallace. Il suo amore per la musica la porta a partecipare al video di Luciano Ligabue, Almeno credo, e a partecipare alla realizzazione del disco di Morgan omaggio-remake a De Andrè, Non al denaro, non all’amore né al cielo.

I funerali si svolgeranno venerdì a Genova, nella basilica dell’Assunta in Carignano. La stessa dove si celebrò, dieci anni fa, l’addio all’amico poeta De Andrè.

di Dario Pappalardo

(http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/spettacoli_e_cultura/morta-pivano/morta-pivano/morta-pivano.html)

 

 

Giusto una settimana fa ho letto su la Repubblica, nella rubrica LETTERE, COMMENTI & IDEE, una lettera che mi ha fatto riflettere parecchio, e non solo. E’ stata scritta ed inviata da un detenuto del carcere di Rebibbia.

Eccola.

Siamo detenuti, ma pur sempre esseri umani

Sono P. del G11 del carcere di Rebibbia. Vorrei raccontarvi alcuni particolari sulla malasanità qui in carcere.

Giorni fa, precisamente il 28 luglio 2009 alle 7 del mattino, il detenuto M. V. che si trovava anch’egli nel mio stesso reparto (G11, piano terra, sezione B) ha iniziato a chiamare l’agente di sezione, comunicandogli che aveva difficoltà respiratorie e, per tutta risposta, si è sentito dire:” Alle ore 8 passerà l’infermiera per il controllo sanitario e la terapia”.

Alle 7,45 il detenuto M. V. è deceduto. Appena avvisati gli agenti sono subito accorsi, portando via i restanti detenuti della medesima cella, interrogandoli per eventuali informazioni sull’accaduto. Solo alle 12 il corpo senza vita del detenuto è stato portato via da una barella.

Antecedentemente, per motivi di trasferimento non aveva più il “piantone” quindi per lui era diventata una vera e propria tragedia essere costretto, per problemi di salute, su una sedia a rotelle mal funzionante.

Questo è solo uno degli eventi più tragici della malasanità in cui ci troviamo, senza poi aggiungere tutti i vari episodi che quotidianamente tutti noi detenuti siamo costretti a vivere: tutte le volte che ci prescrivono una terapia siamo costretti a deglutire medicinali non sterilizzati, poiché ci vengono portati avvolti in piccoli pezzi di carta igienica, invece che in involucri di garze idrofile sterilizzate.

I detenuti invalidi vivono le loro intere giornate su sedie a rotelle inutilizzabili. Le visite mediche sono un optional, vengono effettuate solamente in giorni alterni, quando è il turno del proprio piano e sezione.

E questi sono solo piccoli e brevi episodi.

Confidiamo con questa lettera, a scopo informativo esterno, che vengano passate in futuro più visite e che magari per il prossimo inverno sia possibile avere il vaccino per l’influenza suina.

Vorremmo essere considerati un po’ di più anche a livello umano, visto che, anche se siamo qui, siamo esseri umani con i nostri diritti (che qui valgono veramente pochissimo).

Con la speranza che qualcosa possa migliorare.

P. reparto G11 Rebibbia, Roma
(la Repubblica, 8 agosto 2009)

(indirizzo foto:http://www.ruid.com/photos/medium/31123-jkwfx4h2g8cjb493s8re.jpg)

Myanmar, Suu Kyi condannata ancora ai domiciliari 

Un tribunale del Myanmar ha condannato oggi la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi a 18 mesi di reclusione, sentenza che ha scatenato la disapprovazione dei paesi stranieri e le impedirà di partecipare alle elezioni politiche dell’anno prossimo.

 

La corte ha condannato Suu Kyi a tre anni di carcere per aver violato la legge sulla sicurezza interna, ma la pena è stata immediatamente ridotta a 18 mesi su ordine della Giunta Militare, che ha anche stabilito che la donna potrà scontarla nella sua casa di Yangon.

"Aung San Suu Kyi… è colpevole delle accuse e così la condanno a tre anni reclusione", ha detto il giudice.

Dopo la pronuncia della sentenza, tuttavia, il ministro dell’Interno del Myanmar, il generale Muang Oo, ha annunciato che la giunta aveva deciso di ridurre la pena.

Muang Oo ha detto che è stato tenuto in considerazione il fatto che Suu Kyi è la figlia di Aung San, eroe dell’indipendenza del Myanmar, così come "la necessità di preservare la pace e la tranquillità della comunità e di prevenire eventuali deviazioni dalla ‘road map’ verso la democrazia".

Il riferimento è al progetto della giunta di una transizione verso la democrazia, che culminerà nelle elezioni dell’anno prossimo, aperte a più partiti.

L’intervento di Muang Oo è apparso in contraddizione con le ripetute dichiarazioni della giunta, secondo la quale il sistema giudiziario del paese è indipendente.

CONDANNA INTERNAZIONALE

Secondo i critici, il caso è stato fabbricato ad arte dai militari per tenere fuori dalla circolazione la carismatica Suu Kyi in vista delle elezioni.

L’Unione Europea ha annunciato in una nota che risponderà con ulteriori misure "nei confronti dei responsabili della sentenza".

La Svezia — di turno alla presidenza dell’Ue — ha dichiarato che il blocco "rafforzerà ulteriormente le sue misure restrittive nei confronti del regime della Birmania /Myanmar, interessi economici compresi".

"Queste sanzioni — ha precisato il primo ministro svedese Fredrik Reinfeldt — includeranno misure come restrizioni sul commercio con alcune aziende gestite dallo Stato e il divieto di ingresso nell’Ue per quattro individui che hanno avuto un ruolo chiave nella condanna".

Reinfeldt ha definito la sentenza "illegale" e ha sottolineato che l’Ue chiede il rilascio incondizionato di Suu Kyi.

Condanne nei confronti della sentenza sono state espresse da diversi paesi, tra cui l’Italia.

"La Farnesina condanna fermamente l’esito del verdetto annunciato oggi contro la Premio Nobel birmana Aung San Suu Kyi a seguito di un processo ampiamente ritenuto ingiusto", dice una nota del ministero degli Esteri.

"Laddove alla Signora Suu Kyi, a seguito della nuova pena inflittale, fosse impedita la partecipazione al processo elettorale previsto per il 2010, ritengo che ciò costituirebbe una gravissima lesione ai principi della democrazia", ha aggiunto il ministro degli Esteri Franco Frattini.

L’Inviato speciale per la Birmania/Myanmar Piero Fassino ha espresso "tristezza e angoscia per una condanna ingiustificata di cui è ancora una volta vittima Aung San Suu Kyi".

"In ogni caso non ci rassegniamo – ha aggiunto Fassino – e anzi crescerà ancor di più il nostro impegno per ottenere la liberazione di Aung San Suu Kyi  e dei prigionieri politici e l’apertura di quel dialogo tra giunta, opposizione e comunità etniche indispensabile perché le elezioni del 2010 possano essere effettivamente libere e democratiche."

Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha appoggiato l’inasprimento delle sanzioni, dicendo in una nota che queste "dovrebbero colpire in particolare le risorse che (la giunta) ricava direttamente dal legno e dall’estrazione di rubini".

Il premier britannico Gordon Brown si è detto "addolorato e arrabbiato" della sentenza, e l’Australia si è unita all’Ue nel chiedere l’immediato rilascio di Suu Kyi e di tutti gli altri prigionieri politici nella ex Birmania.

Suu Kyi ha trascorso 14 degli ultimi 20 anni in regime di detenzione.

Le accuse nei suoi confronti sono scaturite da un episodio misterioso: a maggio un americano, John Yettaw, ha raggiunto a nuoto la casa sul lago della donna senza essere stato invitato, e vi si è fermato per due giorni, violando i termini degli arresti domiciliari di Suu Kyi e una legge che tutela la sicurezza di stato da "elementi sovversivi".

Yettaw è stato condannato a sette anni di lavori forzati in un processo parallelo. Le accuse a suo carico erano tre, tra cui quella di violazione della legge sull’immigrazione e di aver nuotato in una zona vietata.

(Fotografia e articolo dal web)

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(Fotografia tratta da www.sdreng.it/wp-content/uploads/2008/03/aung_san_suu_kyi.jpg)

 Giovanni Nuscis

Alcune poesie di Giovanni Nuscis tratte dall’ultimo suo lavoro: La parola data.


E’ difficile parlare di qualcuno, anche se di lui si conosce la rettitudine, la profondità, la sensibilità, ed è difficile sempre parlare di un poeta, perché il rischio che si corre è quello di inciampare nella banalità, nelle frasi fatte, nella retorica.

Così, decido di fare silenzio e, semplicemente, ascoltare una parola scarna, essenziale, non sempre di facile comprensione, che si trasforma, con naturalezza, in melodia.

***


Volo nell’oceano d’erba secca

del Campidano verso

le città fenicie dei migranti

che si son fermati;

sguardo lento nel viso di carrubo

testa d’orcio facile

a riempirsi di storie

e assenze tra agavi e pietre.


Rivedo le tombe degli avi

nell’ora più calda d’agosto;

il vento dal Sinis non brucia

il cuore in ombra delle case,

tra ingresso e cortile.

Polvere e odore di legna

arsa. Impasto di verde marino

e trachite. Un tempo

sospeso. Nube di ossa

che inspiriamo al passaggio

senza saperlo.


***


Perché Merisi e Vincent,

perché da una caverna spunta

ogni tanto l’australopiteco

clava in mano, perché

salta un gene e s’intorbida

l’imago Dei di nuovo.

Insepolto, grezzo

con palle e mazza d’Africa

l’ominide ritorna dall’abisso.

Rispunta la luna mannara

di sangue e maree basculanti.

La lama del neurone antico

spunta da un angolo buio

e ti colpisce.

Vermiglia ferita per separazione

bomba inesplosa mille volte

che ora esplode.

(Dalla prima sezione)




Cerchi, e quel che trovi se ne ride

stecchino tra i denti. Il tempo solo

di una corsa e non è poco.


Riconoscimi. Ho solo capelli

più radi, una geometria

sensata di spazi da disfare.


Mi scongelo dal mio tempo

mi adatto alle stagioni di dentro

ridisegnata posa nel deserto.


Gli attimi di veglia fuggono vigilandoli.

Corrono battendo la nuca, le dita

i calcagni. Si sa cosa resta del fiato.


Il mare avanza, coglie intrichi

di gambe e braccia nell’affanno.

Non il mare sfianca ma il resistergli.


Chiusi gli occhi, giunto il segnale

da lì si riparte. Nell’abbandono

visitati, ritrovati.



***


Mi regge ancora il cranio sotto

una peluria di cielo.

Nell’esplodere di raggi sottili.


I pochi sordi veri in fondo a un corteo

di intabarrati, lo sguardo finto e perso.

Eliche a macinare fatica ed energia.


Quanti sull’attenti cadendo o frantumati.

Quanti hanno posato pietre

sputando sangue, dimenticati.


Un giorno in meno e non ti avvedi

dell’onda muta degli anni. Guardi oltre, insisti,

senza che si schiantino ai tuoi piedi.


Ti senti così risollevato, arreso a un peggio

duro a morire. Non ha confini

il campo che credevi certo e santo.

(Dalla seconda sezione)



Giovanni Nuscis, La parola data

L’arcolaio – I codici del ‘900 –  2009

***

www.giovanninuscis.splinder.com

anche su  lapoesiaelospirito.wordpress.com