Archivio | luglio 2010

Altri amici poeti

Altri amici poeti, come già dissi nel post precedente, sono venuti a trovarmi. O forse sono io che li ho cercati? 
Credo che in fondo sia la stessa cosa, un incontro piacevole in quest'estate incostante, poco coerente anch'essa, proprio come noi.
Ecco gli amici, ve li presento ad uno ad uno.
 
 
Si Stropiccia
 
 
Quella nuvola
sopra il letto
s'è stropicciata
sono caduti
calcinacci
come neve.
 
Devo di nuovo
collegarmi
al cielo.
 
Tinti Baldini
 
 
Favoletta della ribellione
 
E’ tempo – dicevano i cipressi tutti in fila –
di ripiegare i rami intorno al tronco
farsi candela spenta, antenna cupa
a trafiggere il cielo fissata nelle zolle
 
ma lei che scorrazzava nella luce
tra il profumo di ginestre e le folate
non li ascoltava
 
E’ ora – la quercia austera
nel prato mormorava –
che tu salga quella scala
ricomposta
vesti eleganti da brava signora
 
ma lei piena di gioia, scarmigliata
che in aria lieta lieta fluttuava
non la sentiva
 
Basta – sgridavano le siepi
minacciose – tornatene
all’interno della casa
 
Allora, tuffandosi nel vento
rispose –  sopraggiungerà il temporale
a schiantarmi a terra tra le foglie
finché il sole mi scalda e il cielo è terso
è di sicuro il mio momento 
di volare
  
Franca Canapini
 
 
Banderuola
 
Povera banderuola!
Tu credi di viaggiare
soltanto perché fai
giri di valzer su  te stessa
– intorno a te –
dai capricci del vento
circuita e abbindolata.
 
È un perno il tuo universo?
 
Tale è la tua illusione
che vibri e canti
come gallo vanitoso ed ebbro
i suoi gai chicchirichì.
 
Ma se il vento non soffia
ti crolla addosso il mondo
e immobile ristai
con gli occhi spenti.
 
Piccola banderuola
accendi gli occhi
 
perché malinconia
 
non ti divori.
 
Wilma Marian Certhan
 
 
*
 
Misuro il ghiaccio
tra le dita
 
si scioglie lento
in pensieri congelati
 
Senza disturbo,
senza remi
navigo
in menti altrui
 
foci di segmenti
lineari
(semplici ondulazioni)
umani
in costruttiva
noce d'esistenza
 
Nel diventare grandi
non si ri-conoscono
nel "già stato"
 
M'addormento anch'io
non svegliandomi più
in desiderio
di bagnata pioggia
ormai morta.
 
Gloria Dalessandro
 
 
A cantar di notte al fiume
 
Di notte
il fiume è solo,
sento il suo pianto
colare dagli argini,
le mie mani
vorrebbero carezzarlo,
consolare il suo stanco andare.
Quando è notte
il fiume ha pesci blu
che gli vengono a parlare
e uomini con storie storte,
acque matte dentro case,
di fascine e pioppi sulle rive,
cani abbandonati
e donne senza amore.
Quando è notte
le barche straniere
sanno di pescatori
che navigano nella nebbia
e cacciano prede nel fondo nero,
siluri abbattuti
dal peso di un bambino
e i salici intonano preghiere
per il fiume tutto di dolore.
Ho una nenia di parole
che tengo tra le mani
mie di erba e sole
è che un giorno
possa questo fiume
guarire le ferite dal suo fango
e felice star contento
come i vecchi per un giorno
a piedi nudi giù nel mare.
 
Cristina Finotto (barche di carta)
 
 
Campo dei miracoli
 
La commovente fede burattina
in cosa poi è diversa dalla nostra,
un campo scintillante di zecchini
comune inadempibile promessa.
Campo dei miracoli è qui intorno
in questa valle spalmata di cemento
nell'orto in lontananza perso
dietro la scrivania, su per le scale,
ad ogni svoltar d'angolo e di via…
il pianerottolo della vita mia.
 
Antonio Fiori
 
estate
 
M’incantano
sorrisi di foglie 
al transito quieto
di nuvole gravide
di luce
 
Turbinio di colori
e delirio di vita
impregna l’aria
 
Nelle vene
mi scorrono
fiumi di sole
 
Giovanna Giordani
 
 
Di silenzi e di respiri
 
 
Lo sento ancora
 
quel sibilo di vento
 
a fibrillare cime a cielo aperto
 
fra castagneti complici
 
sentieri riversati sulle spalle
 
che il peso poi svaniva
 
tra labbra inesplorate e occhi di brace.
 
Ma è solo l’illusione
 
che ristagna.
 
Rita Loprete
 
 
La carriola
 
Sono nata fra i fichidindia
e cresciuta sulle pietre, scavando
la terra con unghie nere, ho giocato
a campana e riso e gridato
una cantata assurda al cielo
e al mare: acqua nell'acqua
ed aria nell’aria.
 
Sono sbucata dal niente. Trasporto la gioia
in una buffa carriola
come una mamma il suo bambino, ma nessuno
sposta il velario per vederla,
non ci credono. Può una contadina
rugosa e malvestita, col viso di ferro
stampato dalla fatica
distribuire gratis tali gioielli
senza trucco né inganno
e per amore?
 
Allora guardano il giglio dei campi
dicendo: non esisti.
 
Domenica Luise
 
 
*
 
Frantumi cocci
di vasi già rotti
completi l'opera.
Allenti i passi
distendi i pensieri.
Ciò che tenevi stretto
l'hai perso.
Fissando troppo a lungo
hai ammalato gli occhi.
Un cane ti guida
e abbaia dentro.
Crederti ineccepibile
e saggio. Spiazzi 
da pallone gonfiato
forandoti.
 
Giovanni Nuscis
 
 
Tra me e il cielo: ultimo con-tatto
 
Mi vestirò di te stanotte
m'avvolgerai cingendo d'azzurro
i miei fianchi impoveriti
sarai la carezza lontana
che arriva inaspettata
tra una guancia e l'altra,
avrai mani grandi
da tenermi tutta in una volta
 
e tornerò bambina a disegnare
con le nuvole l'abito da sposa
e il sole il mio fermaglio d'oro,
sarò avida di mondo nuovo
da inghiottire subito
per non restare a bocca asciutta,
 
mi lascerò sedurre fino a succhiare
l'abbandono tra me e il cielo:
 
-ultimo con-tatto-
 
Beatrice Zanini
 
 
 
 

Amici poeti

 
Alcuni amici poeti  sono venuti a trovarmi, in questi caldissimi giorni di luglio.
A loro apro con gioia la mia casa.
So con certezza che anche altri, prossimamente, lo faranno. 

 

Scelgo la gioia
 
Dicevano che i secoli dei secoli
fossero solo piaghe da scavare
sempre più vili sempre più profonde
per tristezze irredente
non il tepore di una mano amica
non il sostare a farsi compagnia.
 
Per chi scampò all'inferno
adesso è vita
quella di una ragazza disarmata
che fibrilla di seta un cuore antico
e sposta gli occhi dall'inverno al sole
felice d'ogni giorno regalato.
 
Cristina Bove
 
 
Non chiedetemi

Non chiedetemi
se gli altri mi amano.
Io posso dirvi solo
del mio amore.
E sull'onestà del prossimo
Io non ho parole,
la mia onestà vi dico,
briciole rafferme
che bramano calore
per alitare al vento
profumo di certezze.
E, per quanto io 
possa intuire,
scrutando dentro al pozzo
sotto i fievoli raggi della luna,
è sempre così poca
l'acqua che vi scorgo,
come dolcezza d'uomo
che non vuol trasparire.

Jolanda Catalano

C’è stato un tempo
 
C’è stato un tempo,
che usavo le tue ali
per librarmi nel cielo
e prendere la stella
che illuminava
la mia notte buia.
 
C’è stato un tempo
in cui le tue parole
erano vele
per l’isola felice
che ignorava il tramonto.
 
C’è stato un tempo
in cui guardavo Dio
da pari a pari,
attraverso il tuo sguardo.

Milvia Comastri

 Aranceti all'orizzonte

Oltre l’orizzonte di ogni mare non c’è un fosso per i peccati,
o il crepuscolo per il colore d’occhi di buoi e di balene, no:
c’è un aranceto sempre in fiore e gazze grandi come aquile, ma buone,
ladrone, in stormo, dell’anello di fidanzamento
di una falena alla ricerca del suo stare al largo di sé.
 
C’è una città con chiome polari
dove le donne stendono gli albumi frustati,
le camicie dei bambini fortunati
e i ricami che l’aqua sala lascia in dote ad ogni sposa.
 
Sono là le nuvole a camminare cadute dal volare;
amicizie di pesci giocate a carte intorno a un tavolo
taciute per timidezza o per scaramanzia di pronunciare, T’amo;
bambine che desiderando trecce bionde
hanno festeggiato gli ottant’anni con capelli secchi, corti.
 
C’è uno specchio frantumato per la buona sorte dei gatti neri
e fili spinati di bisso a recintare l’isola incarcerata in mare:
sappiatela così oltre i vostri orizzonti.
Qui sempre c’è una nave che attende il coraggio del salto
della murena nuda in cavigliera
che udito sulla schiena lo scatto del grilletto prega,
Spara ma mira al cuore, cardillo addolorato.
 
Savina Dolores Massa

 
Da un tempo lontano
 
Un suono di pianola
in una strada selciata
dal giallo d’autunno
gira stanca la manovella
vanno e vengono le note
come il bimbo che cammina
tendendo la mano.
Lontano un profumo
di caldarroste
il richiamo dell’ombrellaio
lo strillo dell’arrotino
in un cielo grigio
in cui si staglia
il volto annerito
dello spazzacamino.
Un tempo lontano
che ogni tanto riaffiora
lungo una strada
selciata di giallo,
sotto il grigio del cielo,
senza più voci,
senza più note.

Renzo Montagnoli
 

 

dal bosco al davanzale


avrà rosse bacche di rusco

l'antico davanzale
sarà meno freddo
il suo dicembre
 
lo cura ogni mattina
lla vecchia
ha visto
le mani nude del giovane poeta
versare gocce di rubino
per farle dono
 
anche la ginestra era un rametto morto
ma lei ostinata
ha continuato a darle acqua
oggi verdi germogli occhieggiano
piccoli soli a maggio che verrà
per i suoi occhi stanchi
sarà festa
 
pur se non era tempo di trapianti
 
la linfa scorre
nutre nuova vita
 
grazie a te Poeta
 
Francesca Moro
 

 
I nostri tempi
 
Incorollate mani accarezzano il deserto
strepiti su un muro di silenzio.
Scontato parlare, vociare di sirene
il nostro tempo distratto
su cui la sorte dell'altro scivola
viscosa e lontana.
Non ci sorprende
né indigna
il passo condizionato
la parola inascoltata.
Le menti a piangere
un terreno arido di spine.
Si toglie fuoco al fuoco
linfa al creare.
 
Luisella Pisottu
 

Pietre

 

 

Ho appena finito di leggere questo post dalla mia amica Savina  (savinadoloresmassa.splinder.com).
Non riesco a dire nient'altro. Riporto per intero.

 

 

 

Pietre


 

Accusata di adulterio, avrebbe confessato dopo 99 frustate. Sentenza:
lapidazione. Ha 42 anni, è una mamma ed è vedova. Dopo la morte del
marito avrebbe avuto non meglio precisati rapporti con due uomini. Il
mondo si mobilita con una raccolta di firme.
Sul sito 
www.freesakineh.org <http://www.freesakineh.org/> è partita
una grande raccolta di firme, alla quale hanno già aderito premi
Nobel, attori, cantanti, artisti, organizzazioni non governative,
esponenti politici dei governi di mezzo mondo. In questo momento
siamo a quasi 60mila firme, e il conteggio è aggiornato ogni 5
minuti. Il mondo implora che una madre non venga uccisa, e venga
restituita ai suoi figli.

Sakineh Mohammadi Ashtiani ha perso il marito, ed è stata accusata di
avere avuto contatti con due uomini, ma non è mai stata chiarita la
natura di questi rapporti.
Condannata a morte nel 2006, l'anno successivo la Corte Suprema ha
confermato il responso: lapidazione.
Il destino per lei è quindi una morte lenta e straziante, perché,
come prevede la legge, il condannato viene sepolto vivo, e viene
lasciata scoperta solo la testa, che verrà colpita con pietre non 
troppo grandi e non troppo acuminate da ucciderla subito.

L'incertezza della colpevolezza della donna ha fatto scattare anche
in Iran un dibattito non esplicito, ma sotterraneo, che ha portato
alla mobilitazione prima interna, poi internazionale: le proteste
sono partite dagli esponenti politici più moderati, e questo ha di
fatto ritardato l'esecuzione. Tra i più critici il responsabile
dell'Ufficio Diritti Umani Larijiani, fratello del presidente del
Parlamento, entrambi molto critici nei confronti del regime di
Ahmadinejad.
 

Dal giornalista Daniele Barbieri  ricevo e pubblico.

Dall'introduzione al libro “ La pelle giusta”, di Paola Tabet.  Gli struzzi – Einaudi 1997


 
Un sistema di lunga costruzione
 

<B>Sbarco di immigrati a Tenerife: i turisti li soccorrono</B>

 
 
   Un motore di automobile può essere spento, può essere in folle, può andare a 5000 giri. Ma anche spento è un insieme coordinato, gli elementi messi a punto e collegati tra loro e, con un'opportuna manutenzione, pronti a entrare in movimento quando la macchina viene accesa. IL sistema di pensiero razzista che fa parte della cultura della nostra società è come questo motore, costruito, messo a punto e non sempre in moto né spinto alla velocità massima. Il suo ronzio può essere quasi impercettibile, come quello di un buon motore in folle. Può al momento buono, in un  momento di crisi, partire. In ogni caso, in modo e misura diversi, consuma informazione, materiali, vite.
   Con l'arrivo in Italia degli immigrati dai paesi del “terzo mondo”, in particolare dalla metà degli anni '80, questo sistema viene registrato e messo in moto, subisce un'accelerazione e si pone in modo più scoperto. Il suo rumore, allora, da rumore di fondo, intermittente e a volte quasi non percepibile, specie a un orecchio non avvertito o meglio semplicemente assuefatto, diviene costante. Il discorso razzista diventa quotidiano, invadente, circola veloce, pressoché ovunque, in una forma o nell'altra, che siano battute, barzellette o scambi di opinioni, come discorso della gente o dei media. Circola tra gli adulti e circola in maniera costante anche tra i bambini.
   Questo sistema non nasce a un tratto quando arrivano in Italia gli immigrati. Come se essi, le loro persone, fossero necessarie per far nascere delle rappresentazioni razziste, o quasi che tali idee fossero causate da loro. No, questo sistema di pensiero si è formato ben prima, è un sistema di lunga costruzione, che ha subito revisioni e mutamenti, capace di integrare elementi di ricambio. Nei discorsi quotidiani si sente spesso dire: “Noi italiani non siamo razzisti, mica avevamo contatto con loro! Mica li conoscevamo, è solo poco che si vedono qua…che vuoi…uno non li conosceva…”. Vi sbagliate, amici razzisti, – come nota M.A.Garcia, – ci avevate nella vostra immaginazione prima ancora di averci accanto alle fermate dell'autobus. E non è una immaginazione nata nel vuoto, così a caso, ma in una storia assolutamente reale, nei contatti o piuttosto negli scontri, nei massacri e nella spoliazione in cui si è attuata, dall'America all'Africa, all'Asia, all'Oceania, una presa di possesso, una invasione di terre, fino ad allora forse non conosciute, non “scoperte” dalle potenze europee, ma conosciute e abitate da altre popolazioni. Ciò che taluni preferiscono definire il “processo di unificazione del mondo per opera degli stati europei, con la loro forza ma anche con il loro concetto di produzione, e quindi con i loro valori e la loro cultura”. Una immaginazione, infine, che coinvolge molti aspetti, frutto di rapporti storici ed economici specifici e concreti, la schiavitù e il colonialismo, e necessaria a interpretarli e legittimarli. Giacché il razzismo, prima che ideologia, senso comune e teoria, è un rapporto sociale.

Una lettera…scomoda

Foto da web

Già da qualche giorno “circola” su Facebook una lettera. E' una lettera  corretta, dai toni pacati ma schietti, una lettera di disincanto e di denuncia. 
E da qualche giorno “circola” anche sui blog, su quelli di spessore, gestiti da chi si guarda intorno e si nutre di amarezza nel constatare che non c'è giustizia, condivisione, aiuto verso chi vive tra grandi difficoltà.
Vige la più totale indifferenza, l'egoismo più sfrenato, che ha origine in chi è convinto che tutto ruoti intorno a sé. Tanti mediocri microcosmi, tanti opachi piccoli ”soli” che credono di essere il centro dell'universo.
Povera Italia, dicono Battiato e De Gregori nelle loro canzoni, e non soltanto loro. Questo nostro è davvero un “povero” paese, povero di spessore, di ideali, di progetti, ricco di supponenza e mediocrità. 
Una lettera, dicevo, che in parecchi mi hanno spinto a leggere con attenzione, l'ultima amica è stata Milvia Comastri, la “nostra” RESISTENTE per antonomasia, che ringrazio molto.
 
Ecco lo scritto. Sappia, chi legge, che si farà del male, ma ognuno di noi sa anche che la consapevolezza passa quasi sempre attraverso la sofferenza e non l'indifferenza.
 
Dal blog “Di tutto un po' “
 
 
Lettera da L'Aquila.
 
>Piove…e un po' di tristezza ci sta!!!!!!!
> Ieri mi ha telefonato l'impiegata di una società di recupero crediti, per conto di Sky.
> Mi dice che risulto morosa dal mese di settembre del 2009.
> Mi chiede come mai.
> Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato la mia
> casa e non vi ho più fatto ritorno. Causa terremoto. Il decoder SKY
> giace schiacciato sotto il peso di una parete crollata.
 
> Ammutolisce.
 
> Quindi si scusa e mi dice che farà presente quanto le ho detto a chi di dovere.
> Poi, premurosa, mi chiede se ora, dopo un anno, è tutto a posto.
> Mi dice di amare la mia città, ha avuto la fortuna di visitarla un paio di anni fa.
> Ne è rimasta affascinata. Ricorda in particolare una scalinata in
> selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio.
 
> E mi sale il groppo alla gola.
> Le dico che abitavo proprio lì.
> Lei ammutolisce di nuovo. Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia città oggi.
> Ed io lo faccio.
 
> Le racconto del centro militarizzato.
> Le racconto che non posso andare a casa mia quando voglio. Le
> racconto che, però, i ladri ci vanno indisturbati.
> Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire. Le racconto dei
> soldi che non ci sono, per ricostruire.
> E che non ci sono neanche per aiutare noi a sopravvivere.
> Le racconto che, dal primo luglio, torneremo a pagare le tasse ed
> i contributi,anche se non lavoriamo. Le racconto che pagheremo l'ICA
> ed i mutui sulle case distrutte. E ripartiranno regolarmente
> i pagamenti dei prestiti.
> Anche per chi non ha più nulla. Che, a luglio, un terremotato con
> uno stipendio lordo di 2.000 euro vedrà in busta paga 734 euro di
> retribuzione netta.
> Che non solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo subito
> tutte quelle non pagate dal 6 aprile.
> Che lo stato non versa ai cittadini senza casa, che si gestiscono
> da soli, ben ventisettemila, neanche quel piccolo contributo di 200
> euro mensili che dovrebbe aiutarli a pagare un affitto.
> Che i prezzi degli affitti sono triplicati. Senza nessun controllo.
> Che io pago, in un paesino di cinquecento anime, quanto Bertolaso
> pagava per un appartamento in via Giulia, a Roma.
 
> La sento respirare pesantemente. Le parlo dei nuovi quartieri
> costruiti a prezzi di residenze di lusso.
 
> Le racconto la vita delle persone che abitano lì. Come in alveari
> senz'anima. Senza neanche un giornalaio. O un bar.
> Le racconto degli anziani che sono stati sradicati dalla loro
> terra. Lontani chilometri e chilometri.
> Le racconto dei professionisti che sono andati via. Delle
> iscrizioni alle scuole superiori in netto calo. Le racconto di una
> città che muore.
 
> E lei mi risponde, con la voce che le trema.
> " Non è possibile che non si sappia niente di tutto questo.
> Non potete restare così. Chiamate i giornalisti televisivi.
> Dovete dirglielo. Chiamate la stampa. Devono scriverlo."
 
> Loro non scrivono voi fate girare
 
>Valentina