Archivio | settembre 2010
Sulla città
nel cielo chiaro della mia città.
Savina Dolores Massa
Domani, al Centro Servizi Culturali di Oristano, verrà presentato il nuovo libro di Savina Dolores Massa, il titolo è “Mia figlia follia”, edito da Il Maestrale.
Avrei tanto, proprio tanto da dire su questo libro così particolare, ma non si può con poche parole, data la complessità del romanzo e della personalità della stessa autrice.
So che ne parlerò a lungo più avanti, per stasera, come piccolo dono a Savina che oggi compie gli anni, riporto un brano tratto dalla sua ultima “creatura”, un piccolo assaggio di un libro assolutamente da leggere.
La protagonista del brano si chiama Maddalenina, non dico altro per non svelare subito la trama di un racconto davvero straordinario.
"Figlia mia, ancora il tuo nome non l'ho scelto, e mancano solo tre mesi a vederti la faccia. Non sono molto convinta di questo obbligo a dare un nome il giorno del battesimo. Almeno qualche anno si dovrebbe aspettare per mettere il giusto per definitivamente, ché la persona, quando nasce, ancora non si è formata le idee di chi è. Aspettando la crescita se ne possono usare altri. Anche ai cani, all'inizio, si dice, Ehi, Psss, e poi quando si capisce se è un cane buono o cattivo si decide il nome. C'è Pasqua come nome bello che ti starebbe bene se diventi una bambina che cade sempre la domenica, quando è primavera. Poi ho pensato che tu uscirai giudiziosa, sempre attenta a dove metti i piedi, no, Pasqua non è nome per te. Io sono sempre caduta, da piccola e da grande, perché se mi mettevo a guardarmi i piedi per stare attenta a non inciampare, cosa ero uscita a fare? I piedi potevo guardarmeli anche a casa.
C'è tanto da decidere di ammirare, se sei in giro, figlia mia. Mia mamma non era contenta quando io piangevo perché volevo andare fuori da casa nostra. Lei mi diceva, La gente è cattiva. Mi diceva, Stai seduta nella sedia e fai un celtrino. Mi diceva, Quello che interessa a te puoi vederlo dalla finestra, ti basta. Io, dalla finestra, vedevo solo il muro della casa dall'altra parte della strada. Le teste delle persone che passavano in fretta. In inverno, a finestra chiusa, non sentivo neppure le voci. La cosa più bella che capitava, in inverno, erano i disegni che la pioggia faceva sul vetro e anche quelli che facevo io sopra il mio alito profumato con mandarino. Mamma usciva solo per ritirare la mia pensione ogni due mesi e per fare la spesa, una volta alla settimana dal negozietto di signora Antonietta a venti passi da casa nostra; qualche volta mi portava, più volte mi diceva, Stai seduta e fai un celtrino. Lei mi ha fatto vedere due o tre volte, Si fa così e così. Sui primi pasticci piangevo e mi agganciavo apposta la mano con l'uncinetto, almeno mamma aveva qualcosa da dire: non mi piaceva il suo zitta zitta. Per colpa del silenzio che c'era a casa, io facevo cadere la sedia, o un cucchiaio. Per non credere che ero diventata sorda. Piangevo a voce alta e facevo le prove della mia voce con le parole che sapevo dire.
A scuola mi ha mandato poco, mamma, le ho chiesto io di lasciarmi a casa: avevo paura di tutti. La maestra il primo giorno aveva detto, Siediti dove ti pare, ma per le altre il posto l'aveva deciso lei: a me era rimasto l'angolo più nel buio della classe, e nessuna seduta vicino. […]
La maestra si chiamava Maestraerminia, il marito le era morto, adesso è morta anche lei chissenefrega. Era alta e secca della famiglia delle canne, vestita di nero, vecchissima, ma portava nell'aula odore bello di borotalco. Anche il suo pellame sembrava borotalco. Io lo so che se mi mettevo a soffiare si sarebbe disfatta, Maestraerminia. Non l'ho fatto, ché non sono cattiva. Nella lavagna disegnava bastoncini e comandava, Copiate nel quaderno. Si avvicinava alle altre bambine e prendeva la loro mano con la matita sopra il foglio, le aiutava. Da me, che ero in fondo, non c'è mai arrivata, ché suonava la campanella per andarcene. Quel quaderno con la copertina nera è dentro l'armadio dei segreti, nuovo come il giorno che mia mamma l'ha comprato nel negozietto di signora Antonietta".
(Savina Dolores Massa, Mia figlia follia, Il Maestrale)
Roberta Dapunt
(foto da web)
Lei mi ha ascoltato con attenzione e poi ha detto."Se vuol conoscere meglio la Valle e la cultura ladina non si accontenti di visitare i centri più conosciuti, ma visiti quelli meno noti, la parte più autentica della Val Badia.
pensieri.