Archivio | marzo 2011

Inguaribile vagabondo

Note sul libro “Inguaribile vagabondo”, di Angelo Carboni

Edizioni Il Torchietto – Ozieri


(Foto da web)

Da un po’ di tempo ho ultimato la lettura dell’ultimo libro di Angelo Carboni, Inguaribile vagabondo, ma volutamente non ho scritto subito di lui.

Avevo preso appunti, questo sì, mentre leggevo, e fatto anche diverse considerazioni, riflessioni che scaturivano pagina dopo pagina, a volte da una parola, da una frase o ancora da un intero periodo.

Volevo fermare l’istante.

Ma ora voglio scrivere lasciandomi guidare soprattutto dal ricordo ancora vicino di quella lettura, dal percorso di Angelo e, parallelamente, dal mio, scaturito da quelle pagine.

Emozioni e ricordi vibranti, appassionati, anche se controllati da una mente razionale, equilibrata, dal pensiero assolutamente autonomo. L’autore non è infatti persona che si lascia influenzare facilmente, ha le idee chiare sugli avvenimenti, su ciò che avviene vicino o lontano da lui, prende posizione con coraggio su fatti e idee.

Dicevo, pagine vibranti. C’è l’amore straordinario per la vita, anche quando si presenta con tutte le sue difficoltà, che Angelo affronta di petto. Vive momenti di buio e di luce, di dubbio, di ansia, qualche volta di senso di abbandono, ed è normale che sia così, la mente è fatta per ragionare, e una mente logica, profondamente riflessiva, di domande se ne pone tante, ma poi la fede prevale sulle incertezze, sui dubbi, quella fede che lui descrive “semplice” e “umile” e che in realtà è forte, complessa, ragionata, un percorso spirituale che continua giorno dopo giorno.

Nel libro di Angelo ci sono poi gli affetti, l’attaccamento alla famiglia, alla moglie e ai figli, ma anche ai numerosi parenti, diretti o acquisiti, amati senza distinzione con trasporto e generosità.

C’è l’affetto per i numerosi amici che lo stimano e lo apprezzano a prescindere dalla malattia, nonostante Angelo sia fermamente convinto che la considerazione degli altri nei suoi confronti derivi principalmente da questa.

E’ percepibile continuamente nel libro il profondo e rispettoso amore per la natura in tutte le sue sfaccettature. Difficile leggere certi passi senza emozionarsi, le descrizioni di alcuni ambienti naturali, spesso nelle diverse ore del giorno, sono particolarmente belle, della pineta di Pattada, la località in cui è nato, il “boschetto”, come lui giustamente lo chiama, perché diverse le specie di alberi che lo compongono, di certi tramonti, i bei paesaggi di Sedini, così familiari e amati.

E i viaggi, i ricordi, anche i rimpianti.

Bellissimi i “ritratti” dei nipotini, degli amici, di medici e infermieri, degli affetti più cari. Pennellate, a volte poche parole, poche frasi, oppure interi periodi che portano alla luce l’affetto per le persone di cui racconta, ma anche la conoscenza profonda che Angelo ha di loro.

Sembra di conoscerli tutti, di averli incontrati più volte. Uno sguardo attento ed un cuore generoso hanno dato volto e spessore a bambini, donne e uomini sconosciuti.

C’è anche la malattia nelle pagine di Angelo e non potrebbe essere altrimenti. Lui ne parla, sempre deciso a combatterla, ad impedirle di intaccare la sua determinata e coraggiosa voglia di vivere, perché vuole rubare ad ogni giorno tutto ciò che di piacevole e consolante può dare.

Angelo sostiene di essere un “inguaribile pessimista”, non gli credo, un pessimista non reagisce alle difficoltà in questo modo, può avere, come dicevo, cedimenti, anche lunghi momenti di sconforto, ma poi subentra la reazione, la voglia di riappropriarsi della propria esistenza. Un realista, dunque, non un pessimista.

Dalla lettura delle sue belle pagine emergono anche le tante passioni: lo sport in generale e soprattutto il calcio, la musica, e poi l’amore e l’interesse continuo per la cultura sarda, la lingua, le tradizioni e, in particolare, per tutto ciò che riguarda la vita culturale di Pattada. Ne sono testimonianza i suoi libri su diversi poeti locali e la cura nella preparazione annuale dei Calendari.

Un ultimo accenno alla “scrittura”, allo stile, ne parlo alla fine ma non certamente perché meno importanti. Angelo scrive molto bene lasciando che mente e cuore lavorino insieme, la mente cura i termini che si vogliono usare e i concetti che si vogliono esprimere, il cuore dà il suo supporto preziosissimo quando i sentimenti e le emozioni vogliono venire alla luce, farsi strada tra le pagine del libro.

Una scrittura lucida, senza enfasi né retorica, limpida, curata, ricca di umanità e generosità, di apertura verso il mondo, un libro che coinvolge mentalmente ed emotivamente, che viene da leggere tutto d’un fiato, ma che mi sono imposta di leggere con calma rivedendo più volte molti passi.

Ora credo di averlo approfondito abbastanza e di aver conosciuto un po’ di più anche il suo autore, un “vagabondo” capace di insegnare a noi che leggiamo ad osservare le cose in modo diverso, “dall’interno”, scandagliandole per capirle veramente.

Dopo aver letto il libro di Angelo, credo che nessuno di noi sia lo stesso di prima, certamente ci si sente molto più “ricchi”.

Dove andiamo?


(foto da web)

  E’ nato un nuovo giorno

ed io lo accolgo incerta,

ho ancora dentro gli occhi

le immagini di un sogno.

Attraversa le imposte

penetra nelle case, nelle vite,

mi ricorda, ce ne fosse bisogno,

il passare veloce delle ore

l’arrivo della sera, della notte.

Perché poi tanta fretta?

Dove andiamo?

Nulla sappiamo,

nulla ci è dato di sapere.

Viviamo con l’angoscia

fianco a fianco. 

 

I 150 anni dell’Unità d’Italia


(foto da web)

E’ ormai trascorsa la giornata dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia, un compleanno importante.

E’ trascorsa, ma lascia dietro di sé un numero considerevole di polemiche e una dose altrettanto considerevole di amarezza, perlomeno nel cuore di chi quest’Italia l’ama veramente, di chi ancora si sente italiano ed è, nonostante tutto, orgoglioso di esserlo.

Non voglio cadere nella trappola della retorica, perché, ahimè, in questi casi il passo è breve, non sono una nostalgica, non guardo al passato per non affrontare il presente e poi ancora il futuro, mi sento una donna di oggi ma continuo ad amare i veri valori, quelli universali, cercando  di rispettare ogni persona a prescindere da qualsiasi caratteristica individuale.

Allora mi chiedo “In che modo manifesto con coerenza questo mio rispetto se già dimentico ciò che gli uomini del secolo scorso, e prima ancora di quello precedente, hanno patito e ciò che hanno sfidato per far diventare uno stato unitario, una Nazione, quello che prima era un territorio diviso in più parti, una somma eterogenea di staterelli ostili gli uni agli altri, governati da re e vicerè che ben poco sapevano di quei popoli non amati e per i quali sono stati quasi sempre solo dei despoti?”.

Tutto dimenticato dopo soli 150 anni? Abbiamo la memoria così corta? Che popolo siamo?

Per fortuna, in quest’Italia ancora una volta divisa, c’è una parte di donne e uomini che sa e vuole ricordare le innumerevoli persone che, per quest’Italia che oggi rinnega il suo passato, hanno rinunciato alla vita credendo fermamente che quel che stavano facendo avesse un fine, uno scopo nobilissimo di altruismo, di condivisione, di generosità.

In quali animi vivono ancora questi valori?

Non mi rassegno, non voglio rassegnarmi. Per questo, ben sapendo che in questo modo c’è il rischio di essere considerati degli illusi, voglio credere in essi, voglio coltivarli ancora.

Mi accompagni

(foto da web)
Passano i primi giorni con fatica
ma è ora che comprendo
quel che è stato. 
L’assenza che io sento è quella vera
e diventa presenza, la vera sofferenza,
ricordo di ogni cosa, vicinanza. 
Mi accompagni 
negli impegni di ogni giorno,
affianchi i miei pensieri
che spesso sono stati i tuoi,
quelli  che con riserbo tu hai svelato
nel corso di una vita troppo breve.
Ricordo tanti istanti, tante frasi,
anche poche parole ma pregnanti,
e quelle dette, più tardi, con fatica
e poi solo gli sguardi
segnati da paura o da rassegnazione.
Scriverò per non dimenticare
niente di te,
sarà l’ultimo dono che ti faccio
sarà il mio abbraccio,
la mia riconoscenza
per quel che hai dato.

Il tempo

(foto da web)

Scivola tra le dita

come sabbia che non trattieni

diretta chissà verso quale mare,

inquietante come ogni cosa

di cui nulla sappiamo.

Arriva il mattino

sempre denso di progetti,

e subito la sera

delusa per il poco conseguito.

Nel mezzo, il giorno,

uno schiocco di dita.