
(foto da web)
La prima volta che lessi qualcosa di Tagore ero molto giovane, eppure mi colpì subito quella sua scrittura apparentemente semplice e nello stesso tempo profonda, densa di contenuti Non ho più smesso di “frequentarlo”, e ogni volta che leggo qualcosa di lui sento che è più facile poi riconciliarmi col mondo.
La vita di Tagore non è stata semplice, come non lo è quella di nessuno di noi. Ha dovuto superare diversi lutti, eppure è riuscito a non perdersi mai. Io credo che questa non sia cosa di poco conto.
Mi piace di lui quel suo vivere a scavalco tra oriente e occidente, quel voler unire, nel rispetto di ciascuna, due civiltà così diverse, quella saggezza che si percepisce nelle poesie, l’amore profondo nei confronti della natura, la ricerca di un’armonia che va oltre il singolo uomo, armonia che si manifesta nelle cose, intese come parte di un Tutto, il suo anelito alla gioia, pur nella consapevolezza che l’esistenza contiene in sé così spesso il dolore.
Tagore tende all’Assoluto, ma non dimentica né ignora la realtà che lo circonda, non sceglie mai il disimpegno, al contrario, si occupa di politica, e non solo, i suoi numerosi interessi lo spingono in varie direzioni. Fonda anche una scuola e la dirige. Prende posizione contro le ingiustizie e appoggia Gandhi, verso il quale dimostra grande stima, pur essendoci stati tra di loro diversi contrasti politici.
L’amore, per Tagore, deve stare al centro dell’esistenza di ogni singolo uomo, l’amore nel senso più ampio del termine, quella disposizione dell’animo che permette anche agli opposti di incontrarsi, di superare i contrasti.
Fu musicista, filosofo, pedagogista, narratore e poeta, persino pittore, da vecchio.
Uomo eclettico e impegnato, manifestò sempre negli scritti e nella sua vita di uomo coerente la molteplicità degli interessi e delle passioni.
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Ecco alcuni testi tratti dal libro Poeti del Mondo – A cura di Maurizio Cucchi
Rabindranath Tagore – Poesie, Gruppo Editoriale L’Espresso
Da “Il giardiniere (Mali)” – 1912
Quando mi passò accanto velocemente,
l’orlo della sua veste mi sfiorò.
Dall’isola sconosciuta d’un cuore
venne improvviso un respiro caldo di primavera.
Fu un tocco fugace che svanì
in un momento come il petalo di un fiore reciso
trasportato dall’aria.
Ma si fermò sul mio cuore come un sospiro
del suo corpo, come un sussurro dell’anima.
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Finisci allora quest’ultima canzone e dividiamoci.
Dimentica questa notte, ora che la notte non c’è più.
Chi provo a stringere tra le braccia? I sogni
non possono essere imprigionati.
Con mani avide stringo al mio cuore il vuoto
e il mio petto ne resta ferito.
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Era di maggio. Il pomeriggio afoso
sembrava interminabile. La terra riarsa
si spaccava nel gran caldo, assetata.
Dalla riva del fiume udii una voce
che gridava: “Vieni, tesoro mio”.
Chiusi il mio libro e aprii la finestra
per guardare fuori.
Vidi presso il fiume un grande bufalo, coperto di
fango,
che guardava in giro con occhi placidi e pazienti;
un ragazzo, nell’acqua fino al ginocchio, lo chiamava
per farlo bagnare.
Sorrisi compiacente ed ebbi un senso di dolcezza
che m’invase il cuore.
Da “Raccolta di canti della fuggitiva (Palataka Gitali)” – 1920
Lei è vicina al mio cuore
come un piccolo fiore alla terra.
Lei è dolce come il sonno che viene
per il corpo stanco.
L’amore che provo è la mia vita,
che scorre veloce come il fiume
durante le piene dell’autunno,
che scivola in sereno abbandono.
Le mie canzoni sono una sola cosa
col mio amore, come l’acqua che mormora
con le sue onde, le sue correnti.
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Rimane poco ormai.
Tutto il resto fu speso
in una sola estate spensierata…
La mia barca è un fragile giocattolo,
inadatto a sfidare i cavalloni furiosi,
nella pioggia del monsone.
Se tu vi entri adagio, io ti porterò
lungo il riparo degli scogli,
dove l’acqua scura, increspandosi,
somiglia a un sonno turbato da sogni.
Alla fine del giorno, quando sarai stanca,
ti coglierò, nel piccolo sentiero,
un giglio gocciolante, da appuntarti
ai capelli, al momento dell’addio.
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Quando di notte
s’acqueta il tumulto,
l’aria è già onda
nel mormorio del mare.
I vagabondi desideri del giorno
tornano al riposo
vicino all’ardente lampada.
Il gioco dell’amore
si calma nell’adorazione,
tocca l’abisso il fiume della vita,
il mondo delle forme torna al nido
nella bellezza, che trascende ogni cosa.
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