Archivio | ottobre 2012

Inseguire orme, di Gavino Puggioni

foto da web
 

Un testo di Gavino Puggioni che ha ottenuto una Menzione Particolare al XXVIII Premio Globale di Poesia NOSSIDE, di Reggio Calabria.

Ho incontrato il sole
a inseguire il tramonto
in quelle vallate
di silenzio
dove io sostavo

e la stella del mattino,
l’ultima,
s’adombrava in trasparenze
di un giorno
già affaticato.

Per un quadro
mai dipinto
cercavo pennelli,
colori anche sbiaditi
per un sorriso di bambino

e mi imbattevo
in acqua sporca,
fuscelli d’erba
ammorbati, sfiniti,
mai nati.

Sibili lontani, urla
di popoli senz’anima
che sporcavano calendari
con il sangue
pregando il loro Dio

ormai assente,
allontanato anche lui
da novelle civiltà
in agonia e destinate
al regno dei venti.

E quel tramonto,
striato di rubini amorfi,
m’era parso tela infinita
a nascondere vite
mai vissute

quando, solo,
tornavo sui miei passi
a inseguire orme
del mio passato
…e io non le trovavo.

****

Lo sguardo del poeta è immerso nella natura, nel quotidiano spettacolo del tramonto. Poi il mattino, con la sua ultima stella che sembra precedere le fatiche del nuovo giorno.

La bellezza del tramonto e dell’alba, dipinti innumerevoli volte ma mai perfetti come nella realtà.Nel suo cammino l’autore cerca il Bello, eppure trova acqua non limpida, melma e sporcizia.  La vita dell’uomo infatti si sporca spesso di sangue, per motivi tanto gravi quanto futili. 

Non c’è pace, e il Dio verso il quale suo malgrado da sempre tende, in forme e in modi diversi, non esiste più.

La poesia si conclude, così come era incominciata, con l’immagine bellissima del tramonto “striato di rubini amorfi”, mentre il poeta percorre la strada a ritroso “inseguendo le orme del suo passato”, che però fatica a ritrovare.

Un bel testo con immagini e metafore che rimangono nella mente del lettore, a ricordargli la bellezza ma anche l’enigma di questa vita.

La micia

foto da web

L’ho trovata al mattino

ai piedi di un pilastro,

forse lei stessa,

investita e ferita,

si è trascinata lì.

 

Un signore, da sempre amico

di tutti gli animali,

ha detto dispiaciuto:

Vita breve, un mese

o poco più. L’ho vista ieri,

miagolava appena,

ma non sembrava in fondo

stesse male!”

 

Il dubbio è forte

per lui, per me, per tanti

che qualcuno si sia dato da fare.

 

Ora sta là,

piccolo manto bianco,

bellissima da viva,

forse troppo,

per chi non ha avuto

compassione.

Rabindranath Tagore

 

(foto da web)

La prima volta che lessi qualcosa di Tagore ero molto giovane, eppure mi colpì subito quella sua scrittura apparentemente semplice e nello stesso tempo profonda, densa di contenuti Non ho più smesso di “frequentarlo”, e ogni volta che leggo qualcosa di lui sento che è più facile poi riconciliarmi col mondo.

La vita di Tagore non è stata semplice, come non lo è quella di nessuno di noi. Ha dovuto superare diversi lutti, eppure è riuscito a non perdersi mai. Io credo che questa non sia cosa di poco conto.
Mi piace di lui quel suo vivere a scavalco tra oriente e occidente, quel voler unire, nel rispetto di ciascuna, due civiltà così diverse, quella saggezza che si percepisce nelle poesie, l’amore profondo nei confronti della natura, la ricerca di un’armonia che va oltre il singolo uomo, armonia che si manifesta nelle cose, intese come parte di un Tutto, il suo anelito alla gioia, pur nella consapevolezza che l’esistenza contiene in sé così spesso il dolore.

Tagore tende all’Assoluto, ma non dimentica né ignora la realtà che lo circonda, non sceglie mai il disimpegno, al contrario, si occupa di politica, e non solo, i suoi numerosi interessi lo spingono in varie direzioni. Fonda anche una scuola e la dirige. Prende posizione contro le ingiustizie e appoggia Gandhi, verso il quale dimostra grande stima, pur essendoci stati tra di  loro diversi contrasti politici.
L’amore, per Tagore, deve stare al centro dell’esistenza di ogni singolo uomo, l’amore nel senso più ampio del termine, quella disposizione dell’animo che permette anche agli opposti di incontrarsi, di superare i contrasti.
Fu musicista, filosofo, pedagogista, narratore e poeta, persino pittore, da vecchio.
Uomo eclettico e impegnato, manifestò sempre negli scritti e nella sua vita di uomo coerente la molteplicità degli  interessi e delle passioni.

****

 

Ecco alcuni testi tratti dal libro Poeti del Mondo – A cura di Maurizio Cucchi
Rabindranath Tagore – Poesie, Gruppo Editoriale L’Espresso

 

Da “Il giardiniere (Mali)” – 1912

Quando mi passò accanto velocemente,
l’orlo della sua veste mi sfiorò.
Dall’isola sconosciuta d’un cuore
venne improvviso un respiro caldo di primavera.
Fu un tocco fugace che svanì
in un momento come il petalo di un fiore reciso
trasportato dall’aria.
Ma si fermò sul mio cuore come un sospiro
del suo corpo, come un sussurro dell’anima.

****

Finisci allora quest’ultima canzone e dividiamoci.
Dimentica questa notte, ora che la notte non c’è più.
Chi provo a stringere tra le braccia? I sogni
non possono essere imprigionati.
Con mani avide stringo al mio cuore il vuoto
e il mio petto ne resta ferito.

****

Era di maggio. Il pomeriggio afoso
sembrava interminabile. La terra riarsa
si spaccava nel gran caldo, assetata.
Dalla riva del fiume udii una voce
che gridava: “Vieni, tesoro mio”.
Chiusi il mio libro e aprii la finestra
per guardare fuori.
Vidi presso il fiume un grande bufalo, coperto di
fango,
che guardava in giro con occhi placidi e pazienti;
un ragazzo, nell’acqua fino al ginocchio, lo chiamava
per farlo bagnare.
Sorrisi compiacente ed ebbi un senso di dolcezza
che m’invase il cuore.

Da “Raccolta di canti della fuggitiva (Palataka Gitali)” – 1920

Lei è vicina al mio cuore
come un piccolo fiore alla terra.
Lei è dolce come il sonno che viene
per il corpo stanco.
L’amore che provo è la mia vita,
che scorre veloce come il fiume
durante le piene dell’autunno,
che scivola in sereno abbandono.
Le mie canzoni sono una sola cosa
col mio amore, come l’acqua che mormora
con le sue onde, le sue correnti.

****

Rimane poco ormai.
Tutto il resto fu speso
in una sola estate spensierata…
La mia barca è un fragile giocattolo,
inadatto a sfidare i cavalloni furiosi,
nella pioggia del monsone.
Se tu vi entri adagio, io ti porterò
lungo il riparo degli scogli,
dove l’acqua scura, increspandosi,
somiglia a un sonno turbato da sogni.
Alla fine del giorno, quando sarai stanca,
ti coglierò, nel piccolo sentiero,
un giglio gocciolante, da appuntarti
ai capelli, al momento dell’addio.

****

Quando di notte
s’acqueta il tumulto,
l’aria è già onda
nel mormorio del mare.
I vagabondi desideri del giorno
tornano al riposo
vicino all’ardente lampada.
Il gioco dell’amore
si calma nell’adorazione,
tocca l’abisso il fiume della vita,
il mondo delle forme torna al nido
nella bellezza, che trascende ogni cosa.

****

Rileggendo “Il Piccolo Principe”

(foto da web)

Tutte le volte che riprendo in mano Il Piccolo Principe scopro qualcosa di nuovo, nonostante ogni volta lo legga con grande attenzione, immergendomi in un mondo fantastico, così diverso da quello umano. Non esiste magia nel mondo degli uomini, e non esiste saggezza. Di questa sembriamo totalmente privi.

Eppure, che grande aiuto ce ne verrebbe se solo la coltivassimo.
Si dice che l’uomo in vecchiaia ne acquisisca un poco, ma non sembra che questo succeda sempre, solo ad alcuni pare sia concesso…
Chissà che cosa direbbe il Piccolo Principe se volgesse lo sguardo verso di noi. Non riuscirebbe a capacitarsi nel vedere quel che accade, di questi tempi.
C’è da sperare che il suo piccolo pianeta si trovi molto molto lontano dal nostro. O forse vede ogni cosa e l’unica sua forma di consolazione rimarrà il tramonto.
Eh sì, i tramonti sono splendidi sulla Terra, anche se qui quel momento magico lo si può vivere una sola volta al giorno e non per quarantatré volte, come avviene sul suo minuscolo pianeta.
Per il Piccolo Principe la saggezza non è invece un problema, è qualcosa che gli appartiene, non ha bisogno di coltivarla, un fiore nasce spontaneo, come l’autenticità nei bambini, quando sono ancora piccoli. Poi, in breve tempo, ci penseranno gli adulti a derubarli di questo bene prezioso, ad insegnare loro piccole e grandi astuzie.
Amo questo libro ed è sempre tra quelli che tengo vicino. Credo che ogni bambino dovrebbe leggerlo, magari insieme alla mamma o al padre, credo anche che ogni adulto dovrebbe averlo caro, qualche volta ricordarsi di essere stato piccolo e provare a cercare ancora quel bambino dentro di sé.
Per scoprire poi che forse è l’unico modo per ritrovare l’autenticità.

****

Ecco alcuni brani tratti da “Il Piccolo Principe” di Antoine De Saint – Exupery.
Con le illustrazioni dell’autore. Tascabili Bompiani

[…]

VI

Oh, piccolo principe, ho capito a poco a poco la tua piccola vita malinconica. Per molto tempo tu non avevi avuto per distrazione che la dolcezza dei tramonti. Ho appreso questo nuovo particolare il quarto giorno, al mattino, quando mi hai detto:
“Mi piacciono tanto i tramonti. Andiamo a vedere un tramonto…”
“Ma bisogna aspettare…”
“Aspettare che?”
“Che il sole tramonti…”
Da prima hai avuto un’aria molto sorpresa, e poi hai riso di te stesso e mi hai detto:
“Mi credo sempre a casa mia!…”
Infatti. Quando agli Stati Uniti è mezzogiorno tutto il mondo sa che il sole tramonta sulla Francia. Basterebbe poter andare in Francia in un minuto per assistere al tramonto. Sfortunatamente la Francia è troppo lontana. Ma sul tuo piccolo pianeta ti bastava spostare la tua sedia di qualche passo. E guardavi il crepuscolo tutte le volte che lo volevi… “Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatré volte!”
E più tardi hai soggiunto:
“Sai… quando si è molto tristi si amano i tramonti…”
“Il giorno delle quarantatré volte eri tanto triste?” Ma il piccolo principe non rispose.

[…]

XI

Il secondo pianeta era abitato da un vanitoso.
“Ah! Ah! Ecco la visita di un ammiratore”, gridò da lontano il vanitoso appena scorse il piccolo principe.
Per i vanitosi tutti gli altri uomini sono degli ammiratori.
“Buon giorno”, disse il piccolo principe, “che buffo cappello avete!”
“E’ per salutare”, gli rispose il vanitoso. “ E’ per salutare quando mi acclamano, ma sfortunatamente non passa mai nessuno da queste parti”.
“Ah sì?” disse il piccolo principe che non capiva.
“Batti le mani l’una contro l’altra”, consigliò perciò il vanitoso.
Il piccolo principe battè le mani l’una contro l’altra e il vanitoso salutò con modestia sollevando il cappello.
“E’ più divertente che la visita al re”, si disse il piccolo principe, e ricominciò a battere le mani l’una contro l’altra. Il vanitoso ricominciò a salutare sollevando il cappello.
Dopo cinque minuti di questo esercizio il piccolo principe si stancò della monotonia del gioco:
E che cosa bisogna fare”, domandò, “perché il cappello caschi?”
Ma il vanitoso non l’intese. I vanitosi non sentono altro che le lodi.
“Mi ammiri molto, veramente?” domandò al piccolo principe.
“ Che cosa vuol dire ammirare?”
“Ammirare vuol dire riconoscere che io sono l’uomo più bello, più elegante, più ricco e più intelligente di tutto il pianeta”.
“Ma tu sei solo sul tuo pianeta!”
“Fammi questo piacere. Ammirami lo stesso!”
“Ti ammiro”, disse il piccolo principe, alzando un poco le spalle, “ ma tu che te ne fai?”
E il piccolo principe se ne andò.
Decisamente i grandi sono ben bizzarri, diceva con semplicità a se stesso, durante il suo viaggio.

[…]

XXIII

“Buon giorno”, disse il piccolo principe.
“Buon giorno”, disse il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere.
“Perché vendi questa roba?” disse il piccolo principe.
“E’ una grossa economia di tempo”, disse il mercante. “Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatré minuti alla settimana”.
“E che cosa se ne fa di questi cinquantatré minuti?”
“Se ne fa quel che si vuole…”
“Io”, disse il piccolo principe, “se avessi cinquantatré minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana…”