foto da web
Qualche giorno fa ho ascoltato al telegiornale regionale un’intervista ad un anziano signore di 96 anni, nativo di un paese della Sardegna di cui purtroppo non conosco il nome perché il servizio era già incominciato. Non conosco neppure il nome del signore per lo stesso motivo. Mi dispiace perché a lui voglio dedicare un testo che da quell’intervista è scaturito, sia pure indirettamente.
L’anziano parlava col giornalista e raccontava la sua esperienza di sopravvissuto alla detenzione in un campo di concentramento. Lo guardavo e provavo tenerezza per la sua età ma anche una grande ammirazione.
Lucidissimo nello sguardo e nel racconto, solo gli occhi un poco umidi per la vecchiaia, e forse per l’emozione, la voce appena incerta ma chiara, i ricordi precisi, senza tentennamenti.
Quando ha finito di raccontare ho pensato semplicemente che queste testimonianze non possono e non devono andare perse, hanno un immenso valore, e non soltanto per noi che ancora viviamo ma per chi verrà dopo e di tutto ciò che è successo non saprà niente, se non saremo accorti e lungimiranti. Quando i nostri anziani non ci saranno più, chi trasmetterà oralmente queste terribili esperienze?
Ieri, l’ intervista mi è tornata alla mente e ho sentito il bisogno di scrivere qualcosa che evidentemente stava prendendo forma in modo inconsapevole.
Ecco, al “mio sconosciuto sopravvissuto” voglio dedicare questo testo.
Certo era ieri il giorno dedicato al ricordo, ma credo che la Memoria debba essere coltivata sempre.
Il sopravvissuto
Non posso dimenticare
i miei compagni denutriti,
i loro occhi troppo grandi
spalancati dentro i visi asciutti,
nè la nebbia che nascondeva il campo
dove come fantasmi
ci muovevamo lenti.
Non posso dimenticare
le strisce verticali
delle nostre logore divise,
la mia testa rasata
né la loro,
e le pulci che invadevano
i nostri miserevoli giacigli.
Neppure lo sguardo dei bambini
ignari del profumo dell’infanzia
o il malinconico sorriso degli amici
sempre vigili nel sostenerti
durante una caduta.
No, non voglio dimenticare
niente di quel che è stato,
non potrei sopportare
questo mio tradimento
verso chi, molto prima di me,
se n’è andato.
P.M.C.