Ieri è stata una giornata triste, non soltanto per me ma per quella parte d’Italia che cerca di non perdere i valori sui quali deve essere basata la vita sociale e democratica di un Paese civile.
Mercoledì notte è morto a Roma, in una camera d’albergo, Raffaele Pennacchio. Era un malato di sla, un medico, una persona dal cuore grande, dal carattere mite e nello stesso tempo determinato. Così determinato da costituire, insieme ad altri malati, primo fra tutti Salvatore Usala, e ai loro familiari, il comitato “16 novembre”.
In pochissimo tempo, questo gruppo di persone coraggiose, costituito da malati di sla ma anche da disabili con patologie diverse, è diventato sempre più numeroso e combattivo. Tutti ne conosciamo le battaglie davanti ai palazzi del “potere”, i presidi di giorno e di notte per conseguire quei diritti che altrove sarebbero scontati.
Da noi, no. Da noi, malati gravissimi devono fare lunghi viaggi, superare difficoltà quasi insormontabili, opponendo all’indifferenza di tanti la loro incredibile dignità, tutta la grinta di cui sono capaci.
Era dunque a Roma il gruppo del comitato “16 novembre” per chiedere ancora una volta aiuti concreti, per vedere mantenuti impegni e promesse caduti nel vuoto, fondi stanziati e mai distribuiti, per avere la possibilità di vivere nelle proprie abitazioni, con i propri cari ma con un’assistenza adeguata.
Raffaele Pennacchio era in prima fila, e come sempre con lui c’erano Salvatore Usala, Mariangela Lamanna, sorella di un’altra malata, e tantissimi altri pronti a dare battaglia.
Con lo sciopero della fame e della sete avevano poi, finalmente, conseguito l’atteso risultato. Si respirava un’aria più serena, forse diverse volte tra di loro quella sera avevano detto: “ E’ fatta!”
Nel corso della notte però Raffaele Pennacchio, provato e debilitato, ha avuto un malore e non ce l’ha fatta, se n’è andato prima di poter festeggiare tutti insieme.
Su facebook avevo la sua “amicizia”, senza dirmi niente mi aveva inserito nel comitato “16 novembre”, non gli ho mai detto che anch’io, due anni fa, ho perso mio fratello a causa della stessa malattia.
L’ho sempre seguito sulla sua pagina , ne ho seguito le battaglie, qualche volta ho lasciato un commento, l’ultimo è stato pochi giorni fa in occasione del diciannovesimo compleanno di sua figlia, da lui chiamata “principessa”, di cui aveva pubblicato una bellissima fotografia. Il suo “mi piace” oggi voglio considerarlo un suo regalo.
In questi giorni la sua pagina, con le numerosissime testimonianze, dimostra la grande stima e l’affetto che lo hanno sempre circondato come medico e soprattutto come uomo.
Perché era la grande umanità, il carattere positivo, pacato e contemporaneamente fermo che lo contraddistinguevano.
P.M.C.