Archivio | luglio 2014

Dora, donna bambina

Il suo nome, quello vero, era Dorotea, ma tutti in famiglia l’avevano sempre chiamata Dora, qualche volta anche Dorina, perché era sempre stata piccola di statura.
Elena la conobbe quando anche lei era bambina, entrambe infatti frequentavano la prima elementare. I genitori erano lombardi, ma per motivi di lavoro suo padre dovette trasferirsi nella piccola città in cui poi le bambine frequentarono la scuola.
Dora non era figlia unica, aveva una sorella, Serena, di un anno più piccola, iscritta nella stessa classe.
Era tuttavia Serena la più assennata, era lei che si occupava di Dora, la seguiva come un’ombra, la coccolava, perché le era toccato il ruolo di sorella maggiore.
Dora infatti fin da piccola aveva manifestato dei problemi, che col tempo erano poi diventati sempre più evidenti.
Dora, la piccolina, Dora, la ragazzina, e infine, ormai adulta, per tutti sarebbe stata Dora donna bambina.

Elena ricordava bene i suoi primi giorni di scuola, soprattutto il primo, quando venne accompagnata da sua madre.
Era un po’ preoccupata, intimidita, perché le novità inquietano, creano sempre un certo disagio.
A distanza di anni rivedeva se stessa, minuscola dietro sua madre. Poi, l’incontro con le maestre, l’ingresso in un’aula. Le insegnanti furono affettuose, ma il cuore di quei bambini, che per la prima volta entravano in una classe, batteva forte.
I genitori, più tardi, andarono via ad uno ad uno, chissà se l’impatto fu più difficile per loro o per i piccoli.

Elena andò a sedersi in uno dei banchi situati sulla destra, lo ricordava bene, nel banco esattamente davanti al suo sedevano già due bambine. Tutti disposero i loro libri e i quaderni sui rispettivi ripiani e nell’attesa si misero a parlare con i vicini. Fu così che lei incominciò a fare amicizia con Serena e con Dora.
Fu Serena a raccontare per prima di sé e a presentare sua sorella.
Erano molto diverse tra di loro, fisicamente e come temperamento. Serena era già alta per la sua età, snella, con lunghi capelli castani, Dora era piccola di statura, aveva un visetto tondo illuminato da occhi scuri e vivaci, i capelli ondulati, ribelli al pettine e sempre in movimento. Non era robusta ma neppure esile, Elena scoprì presto la sua passione per i dolci.
Serena era riservata, più riflessiva, osservava tutto con attenzione, niente le sfuggiva.
Dora, da subito, mostrò la sua vivacità, l’incapacità a stare ferma, a prestare attenzione sia pure per un tempo limitato. Non percepiva il pericolo, non pensava di potersi anche far male. Ogni cosa si trasformava in gioco e presto quella sua frenesia divenne un problema per sé e per chi le stava vicino.
Ma tutto questo non poteva ancora essere capito da bambini che incominciavano appena a scoprire la scuola.

Trascorsero in fretta le prime settimane e l’empatia nata tra Elena e le due sorelline si trasformò in amicizia. Pur essendo piccola, Elena capì presto che Dora, così allegra e gioviale, conviveva tuttavia con qualche problema. Era qualcosa di vago, quasi impercettibile, che inizialmente si manifestò con simpatica leggerezza.
Gli oggetti presenti sui banchi finivanoimprovvisamente a terra con allegria, accompagnati da una sonora risata, esagerata in una bambina di sette anni, i quaderni incominciarono ad essere privati delle loro copertine, i libri scoprirono presto che calde e paffute manine strappavano volentieri le loro pagine più colorate, per trasformarle in allegre palle di carta da lanciare ai compagni.
Quei comportamenti, che inizialmente avevano fatto sorridere e suscitato atteggiamenti di paziente indulgenza nelle insegnanti, che erano sembrati nei primissimi giorni approcci originali all’ingresso a scuola, diventarono presto motivo di preoccupazione per i genitori. Ci furono diversi colloqui tra loro e le maestre, Cose di cui Elena venne naturalmente a conoscenza solo molti anni dopo.
E furono proprio la sensibilità e l’equilibrio delle insegnanti, da una parte, e l’affetto illimitato dei genitori, dall’altra, a far sì che un’esperienza obiettivamente difficile potesse trasformarsi anche in opportunità per tanti bambini.
Ci furono naturalmente momenti faticosi, perché Dora era incapace di prestare attenzione a lungo a qualsiasi cosa, subito il più banale dei motivi la proiettava altrove, e poi quella vocina insistente, sempre alta, quegli scoppi di risa improvvisi…
Serena imparò presto che la sua sorellina era un poco diversa da lei, e sebbene fosse più grande, capì che avrebbe dovuto incominciare a prendersene cura, come aveva fatto fino a quel momento con le sue amate bambole.
Ma la sua bellissima bambola aveva un’anima, parlava, rideva, giocava, amava…
Perché Dora, la piccola Dora, aveva la straordinaria capacità di farsi amare senza riserve, aveva l’affetto di tutti, proprio perché era così, unica e speciale.

Quel primo anno di scuola trascorse tra tanti momenti sereni e alcune difficoltà. Mentre Serena diventava sempre più brava nella scrittura, nella lettura e nel disegno, Dora si era fermata ad attività estremamente semplici, talvolta persino i numeri e le lettere erano difficili per lei da decifrare. Disegnava volentieri, questo sì, in maniera molto elementare ma anche originale, colpiva soprattutto l’armonioso uso del colore. Tanto colore nei disegni di Dora, luce e gioia. I suoi fiori, i cieli, i prati, i monti, parlavano una lingua comprensibile a tutti. Era una bambina felice, perché accolta e soprattutto rispettata. Serena amava quella sorellina, la proteggeva e la coccolava, come tutti, del resto. Come non farlo?
Alla fine dell’anno, esattamente negli ultimi giorni, una delle maestre entrò in classe in compagnia della mamma delle due bambine. Elena ricordò a lungo quel momento.
Quando i bambini sedettero nei loro banchi fu la mamma a parlare di qualcosa che le stava molto a cuore. Disse che Dora e Serena l’anno successivo non ci sarebbero state perché il papà, per motivi di lavoro, doveva trasferirsi nuovamente in un’altra città, tutta la famiglia lo avrebbe naturalmente seguito. Disse inoltre che, a nome di entrambi, li ringraziava tutti ad uno ad uno per la pazienza e l’affetto con i quali avevano accolto Dora.
Si fece silenzio, nessun bambino fece delle domande, tutto fu chiaro, ognuno di loro capì che stava per perdere due amiche speciali.

Per tanti anni, forse per alcuni decenni, Elena non seppe più niente delle sue piccole amiche di un tempo. Le capitava di ricordarle, di chiedersi dove potevano essere, com’erano diventate, che cosa facevano.
E la vita, come era stata con loro?
Gli avvenimenti però assorbono ogni energia, tutta l’attenzione viene proiettata altrove, così per Elena quei ricordi diventarono sempre più lontani. Tanti problemi, la sua buona dose di sofferenza…
Eppure talvolta è il caso che decide per noi, che riunisce i fili e sembra ricollocare ogni cosa al suo posto.
Fu così che una sera, navigando in rete, Elena si fermò sulla pagina facebook di una sua cara amica, la quale aveva postato un bel testo. Molti si erano fermati per lasciare un commento, tra questi la colpì in modo particolare un nome di donna. Elena rilesse quel nome e quel cognome guardando con attenzione e stupore la piccola fotografia del profilo. Serena F.
Poteva essere la sua compagna delle elementari? I lineamenti del viso non erano in realtà molto nitidi, eppure le sembrò di riconoscere quello sguardo. Avrebbe fatto un tentativo, avrebbe cercato di mettersi in contatto con lei.
“Ben venga la tecnologia”, si disse, “ tramite facebook le manderò un messaggio privato, se invece non si tratta della mia amica Serena, mi scuserò.”.

Ma non aveva sbagliato persona, la stessa sera Serena si fece sentire rispondendo al suo messaggio, e a lei sembrò sinceramente felice di averla incontrata di nuovo, dopo così tanto tempo. Si scambiarono i numeri di telefono e si raccontarono in breve qualcosa della loro vita.
Serena diede naturalmente ad Elena notizie di Dora. Dora che adesso era anche lei diventata grande, aveva compiuto un certo percorso e fatto dei progressi, che aveva imparato a controllare un poco la sua particolare esuberanza, acquisendo le caratteristiche di una giovane donna rimanendo, nello stesso tempo, bambina.
“Dora”, le disse un giorno Serena scherzando, “è la mia terza figlia, soprattutto quando gioca con le mie due bambine, quando litiga e fa loro i dispetti, ma anche quando si dimostra tenera e protettiva, percependo in qualche modo che loro veramente sono ancora piccole.”.

P.M.C.

 

Luglio

 

Un forte vento

sbatte contro i vetri

lasciando dietro di sé

quasi un lamento.

 

Giorni di luglio

che mi ricordano

 anni luminosi

mentre l’estate quest’oggi

sa di autunno.

 

Un ammonimento

per noi che camminiamo.

Mi chiedo: dove andiamo?

 

P.M.C.

 

Omaggio a Maria Luisa Spaziani

Ho saputo per puro caso, visitando un sito letterario, della morte di Maria Luisa Spaziani. Sapevo che aveva un’età di tutto rispetto, novantun’anni, ma le belle persone sembra che non debbano morire mai, hanno nella nostra immaginazione una possibilità negata ai più, quella di essere immortali.
Purtroppo non è così. Ci consola però sapere che i grandi artisti, poeti, scrittori, pittori, rimangono comunque molto a lungo in noi e in chi verrà dopo di noi. Credo che anche per M. L. Spaziani sarà così.
La prima volta che lessi il suo nome fu, tanti anni fa, su un’antologia scolastica, mi colpì molto una sua poesia. Purtroppo non ne ricordo il titolo e non riesco a ritrovarla, oggi l’avrei riproposta qui.
Ma ebbi anche la possibilità di incontrarla, possibilità purtroppo non andata a buon fine. Successe nel 2007, quando partecipai a un concorso letterario con una raccolta di poesie, allora lo facevo spesso, ebbi in quella circostanza una segnalazione di merito e fui invitata per la premiazione, non potei però partire per motivi familiari. Il Presidente della Giuria era Maria Luisa Spaziani.
Piccole ma preziose cose che, a distanza di tempo, ricordo volentieri.
Oggi voglio però fare un piccolo omaggio a questa grande donna dai numerosi interessi in campo letterario, non fu infatti solo poetessa ma anche narratrice, autrice di testi teatrali e ottima traduttrice, a lei dobbiamo inoltre l’istituzione di un importante Premio Letterario intestato a Eugenio Montale, di cui fu grande amica.
Per tutto questo desidero proporre, tra i tanti che ci ha lasciato, alcuni suoi testi poetici.
Eccoli.

***

a sipario abbassato

 

Quando ti amavo sognavo i tuoi sogni,
ti guardavo le palpebre dormire,
le ciglia in lieve tremito.
Talvolta
è a sipario abbassato che si snoda
con inauditi attori e luminarie
-la meraviglia.

 

E lui mi aspetterà nell’ipertempo

 

E lui mi aspetterà nell’ipertempo,
sorridente e puntuale, con saluti
e storie che alle poverette orecchie
dell’arrivata parranno incredibili.

Ma riconoscerà, lui, ciò che gli dico?
In poche note o versi qui raccolgo
i messaggi essenziali. Un alto raggio,
aria diversa glieli tradurrà.

 

Un fresco castagneto

 

Sarebbe, il mondo, un fresco castagneto
se tutto mi guardasse coi tuoi occhi.
Marroni, intensi, laghetti dorati
ai raggi dolcemente declinanti.

Così gli occhi degli angeli, castagne
che hanno perso il riccio. Il Paradiso
è quella svestizione, ogni segreto
è arrivare al cuore.

 

Nulla di nulla

 

Strappami dal sospetto
di essere nulla, più nulla di nulla.
Non esiste nemmeno la memoria.
Non esistono cieli.

Davanti agli occhi un pianoro di neve,
giorni non numerabili, cristalli
di una neve che sfuma all’orizzonte-
-e non c’è l’orizzonte-

 

La giovinezza

 

Nei miei vent’anni non ero felice
e non vorrei che il tempo s’invertisse.
Un salice d’argento mi consolava a volte,
a volte ci riusciva con presagi e promesse.

Nessuno dice mai quant’è difficile
la giovinezza. Giunti in cima al cammino
teneramente la guardiamo. In due,
forse la prima volta.

 
(Maria Luisa Spaziani, Torino, 7 dicembre 1922, Roma, 30 giugno 2014)