Archivio | marzo 2018

San Giovanni del Sinis

 

Il mare davanti a noi
è di un colore quasi irreale
la schiuma evanescente
raggiunge la spiaggia
con dolcezza
mentre tu ed io restiamo immobili
per un momento
e tratteniamo il respiro.

Una brezza leggera
ci fa rabbrividire
ma solo un poco
per ricordarci forse
che la primavera
è ormai incominciata.

Il sole di mezzogiorno
allunga i suoi raggi
sul mare un poco increspato
sugli scogli dorati
sulla sabbia bianchissima
e su di noi
che rapiti nella sua luce
entriamo per un istante
a far parte
di un mondo meraviglioso
che si rinnova continuamente
fino all’infinito.

Piera M. Chessa

Una visita al nuraghe Losa

 

Lo scorso mese di febbraio sono andata a visitare il nuraghe Losa, uno dei più grandi e meglio conservati tra gli oltre settemila nuraghi che popolano la Sardegna. Di molti di loro rimane poco, ma ce ne sono alcuni che meritano di essere visitati, uno di questi è il Losa, situato nel territorio di Abbasanta.
Quando arriviamo, il verde dei campi e l’azzurro del cielo ci avvolgono per un lungo momento mentre rimaniamo in silenzio a guardare il nuraghe, quello stesso silenzio che ci accompagnerà poi per tutta la durata della visita.
Quanto ordine in quei grossi blocchi di basalto così disordinati ad un primo sguardo! Entriamo poi nel nuraghe lasciandoci avvolgere dalle sue pareti di pietra, pronti ad ascoltare più che a parlare.Talvolta ci ritroviamo nella penombra, altre volte quasi al buio, la luce per lo più penetra soltanto dalle feritoie, spazi lasciati volutamente aperti dai nostri antichissimi antenati.
Arriviamo in tarda mattinata, per questo motivo le persone presenti non sono numerose. Incontriamo alcune turiste, probabilmente inglesi o tedesche. Le osservo, guardano ovunque con attenzione e meraviglia, tengono tra le mani delle guide e ogni tanto si fermano per documentarsi o chiarire qualche dubbio. I nostri sguardi si incrociano per un istante, poi una di loro mi dice in un italiano abbastanza approssimativo ma chiaro: ” Bello, davvero bello, molto interessante!” Ci scambiamo un sorriso prima di riprendere ognuno il proprio percorso.
Ad un certo punto incontriamo una guida che accompagna un piccolo gruppo di turisti isolani, ci uniamo a loro per un po’ per poi proseguire la visita da soli.
E’ un alternarsi di chiaroscuri, le ombre all’interno si proiettano sui muri, le alte pareti di basalto, a tratti il cielo, invadente ma gradevole, penetra dall’alto con la sua luce.
Percorriamo diversi corridoi, in alcuni è cresciuta la vegetazione, il tutto rende l’ambiente particolarmente suggestivo. Anche nelle stanze, tra i grossi blocchi di pietra, con la pioggia è cresciuta l’erba.
E’ bello vedere, attraverso le feritoie, piccole parti dell’ambiente esterno, continua il gioco dei contrasti, la luce, il verde e il colore del basalto.
Percorriamo poi una scala interna, non sempre agevole, che porta verso l’alto, in cima al nuraghe. Bello vedere il cielo in tutta la sua ampiezza, attraversato soltanto da qualche nuvola.
Dall’alto ci affacciamo a guardare i campi tutt’intorno, siamo in febbraio ma oggi la primavera sembra alle porte. Ovunque, cielo, verde e rocce.
Torniamo giù ripercorrendo la scala in discesa, ora è necessario prestare una maggiore attenzione.
Usciamo all’aperto, affianchiamo dall’esterno il grande bastione, lo percorriamo lungo tutto il perimetro.
E’ arrivato il momento di andare via.
Quanti misteri nascondono i nuraghi, quante domande che ancora non hanno avuto risposte. Eppure gli studi fatti sono tanti e approfonditi, numerosi gli scavi, i musei ricchi di reperti e di storia. Sappiamo che i nuragici erano dei guerrieri, senz’altro degli esperti marinai, lo confermano le sculture in bronzo rinvenute in più siti, erano anche abili nella preparazione di manufatti di ogni genere, ma quante cose ancora non sappiamo, sulle quali perlomeno ci sono pareri discordi.
Chissà, forse un giorno, vicino o lontano, i nostri progenitori ci sveleranno tutto, risponderanno ai nostri quesiti e scioglieranno ogni dubbio sulla loro misteriosa civiltà.
Con questo desiderio lasciamo il sito archeologico. Un ultimo sguardo al Losa, prima di allontanarci.

Piera M. Chessa

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Donne vere

 

Si ricordano di te
donna
una volta all’anno
ti regalano le rose
o le mimose
gioielli semplici o costosi
ti portano fuori
a pranzo o a cena
fanno i carini per qualche ora
e allo scoccare della mezzanotte
tutto svanisce
come in una delle fiabe più note.

Amori immaturi
amori fragili
amori che non sono amori
capricci di bambini mai cresciuti
che vogliono giocare ancora
con delle bambole
che non sono bambole
ma solo donne vere
che chiedono rispetto.

Piera. M. Chessa

Devo dire la verità

 

Devo dire la verità, questa volta la tentazione di non andare a votare è stata molto forte, di gran lunga più forte delle volte precedenti. Per settimane mi sono chiesta che senso avrebbe avuto il mio voto, non avrebbe aggiunto né tolto niente al risultato finale. Ero molto amareggiata, vedevo troppe cose che proprio non mi andavano giù, ascoltavo le “bufale”, le macroscopiche bugie di tanti, percepivo amplificato il bassissimo livello al quale si era arrivati, poche le persone apprezzabili e convincenti, dunque, perché votare? Poi ho pensato che il mio da solo sarebbe stato effettivamente un voto inutile, ma insieme a quello di tanti altri, che magari come me continuavano ad essere degli illusi capaci ancora di credere nelle cose belle, si poteva provare a fare la differenza.
Certo è stata un’ingenuità, neanche un bambino coltiva più illusioni, io, che bambina non sono più da decenni, mi sono incaponita nel crederci, o perlomeno nel provarci.
Ho sbagliato, o forse no, non riesco ancora ad arrendermi davanti alle regole che manipolano oggi la società, e soprattutto la mente di chi preferisce non stancarsi e sceglie di “pensare” con la testa di chiunque altro purché non sia la propria.
Sono andata a votare, come sempre da quando ho compiuto i ventun anni, allora si diventava maggiorenni a quell’età, non ho mai detto no a me stessa, neppure quando stavo male. E alcune volte stavo proprio male, sono andata ugualmente, sia pure con fatica, cercando di avere le idee chiare già prima di entrare nella cabina elettorale, credo di non aver mai deciso all’ultimo momento.
Così domenica sono andata a concretizzare quello che considero un mio diritto, ma anche a compiere quello che ritengo un mio dovere.
Anche stavolta non stavo bene, non uscivo da una settimana però sentivo di doverlo fare. Ho dato il mio voto a delle persone che ritengo oneste, che credono ancora che la politica possa e debba essere una cosa buona, non è bastato. Per ora, pazienza, nessun pentimento da parte mia.
Voterò ancora e ancora, cercando di farlo sempre con coerenza, sperando di non dovermi mai vergognare di essere una cittadina italiana.

Piera M. Chessa

Le tue passioni

Il 4 marzo del 2011 moriva mio fratello Antonio. Ricordandolo con nostalgia ho scritto questo testo, che gli dedico con affetto immutato.

 

 

Amavi la natura
e amavi la poesia,
troppo tardi ho scoperto
la tua ultima passione.
Ho letto i tuoi versi
tenuti riservati
ne parlavi così poco
nonostante la bellezza.

Per la natura no
non avevi riserve
era palese a tutti
questo tuo grande amore.
Era là, nel tuo frutteto
tra gli alberi ed i fiori
che cercavi ristoro,
trovavi piacere.

Bastava seguire il tuo sguardo
un accenno di sorriso,
ascoltarti pronunciare
una battuta leggera
per capire che niente
per te valeva tanto
quanto quel contatto con la terra.

Piera M. Chessa