Archivio | aprile 2018

Argo

 

Sto in casa
rilassata
ad ascoltare
i rumori ovattati
che arrivano da fuori.
Il mio cane dorme
nella sua cuccia,
ne percepisco il respiro
e ogni tanto
un fremito lieve
che scuote il suo corpo
non più giovane.
Sogni leggeri
attraversano
la sua piccola mente,
piccoli sussulti
evidenziano
la sua tranquillità.
Molti anni sono trascorsi
dal giorno in cui
grande come il palmo
di una mano
lo prendemmo
per portarlo con noi.
Ora lo vedo diventare vecchio
meno veloce
nel passo e nella corsa
e mi intristisce tanto il pensiero
che il tempo da trascorrere insieme
stia diventando ormai troppo breve.

Piera M. Chessa

Al lago di Cei

Dedico questo testo a Giovanna Giordani, a lei mi lega una sincera e profonda amicizia ma anche la comune passione per la scrittura. Grazie di tutto, Gio.

 

E’ stato bello
trascorrere insieme
quei momenti sereni
passeggiando lungo le sponde
del lago di Cei, amica mia.
La natura ci donava
una giornata speciale
tanto tepore ed un cielo terso
sopra le nostre teste.
E il lago al nostro fianco
ci regalava i suoi colori più belli
i riflessi degli alberi nell’acqua
i salti degli uccelli.
E noi insieme a parlare
a raccontarci esperienze
ed emozioni
ad assaporare
tutto quel verde intorno
derubando con la mente
e con il cuore
la natura a piene mani.

Piera M. Chessa

In Val di Fiemme

Salgo con fatica
lungo la strada
che conduce in alto,
un affanno leggero
mi accompagna.

Il mattino
è da poco incominciato
sono rari i passanti
che incrocio sulla via.
Il sole mi viene incontro
e gli occhi lacrimano
per l’intenso riverbero.

Le case intorno
hanno persiane chiuse
ma s’intravedono già
le prime deboli luci.
Alla mia destra
alti monti coperti di neve
mentre a valle
leggeri banchi di nebbia
avvolgono il paese.

Solo il campanile della chiesa
svetta libero verso il cielo
mentre io mi fermo stupita
davanti a tanta bellezza.

Piera M. Chessa

Sei aprile 2009

Scrissi questo testo il 6 aprile del 2012, tre anni dopo il terremoto, certamente oggi qualche cosa per fortuna è cambiata, ma sono trascorsi nove anni e L’Aquila di strada ne deve percorrere ancora tanta, non basta proprio quel che finora è stato fatto.

Tre anni trascorsi invano
per una città che non risorge,
macerie su macerie
strade abbandonate
persone che han paura
di una vita basata sull’incerto
sul sospeso
su un futuro che scricchiola ogni giorno
che non mette radici
e uccide la speranza.

Parole usate e abusate
volate nell’aria e nella polvere
di edifici caduti, moribondi da tempo.
E le allegre risate
di chi il dolore non l’ha mai conosciuto
di chi non sa che cosa sia il rispetto
per chi nel terremoto
ha perso tutto.

Oggi l’Aquila piange
piange ancora chi ha tempo per ricordare
chi ha davanti agli occhi sempre
quel sei di aprile,
un giorno di primavera come tanti
trasformato di colpo in un inverno oscuro.

Piera M. Chessa