Archivio | Maggio 2018

Due testi poetici di Mariangela Gualtieri

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In questi giorni sto leggendo un interessante libro della poetessa Mariangela Gualtieri, si intitola “Le giovani parole” ed è stato pubblicato nel 2015 con la Giulio Einaudi Editore.
Conosco già da tempo questa brava autrice perché l’ho incontrata parecchi anni fa in occasione di un Festival Letterario che si tiene ogni anno a Seneghe, un piccolo centro non lontano da Oristano.
Non avendo ancora completato la lettura della sua bella raccolta di poesie, non posso certamente fare una recensione, per quanto breve, posso però dire che amo molto la sua poetica, il suo stile apparentemente semplice ma così denso di contenuti.
Voglio per ora proporre solo due testi, entrambi parlano della primavera, argomento in questo periodo assolutamente attuale.

***

La primavera lancia frecciate
dal cuore dell’inverno.
Sono boccate tiepide le sue
dentro un’aria di vette.

La primavera promette
che verrà. Asciugherà le ossa
strette dal gelo. Farà quel suo lavoro
d’incantatrice. Legherà terra e stelo
ogni vagina alla matrice
di fecondità, ogni seme
sarà dotato di forza lanciatrice
e centrerà l’aggancio
e crescerà.

***

La primavera da lontano
sogna d’essere qui.
E’ quando un canto
qualunque d’uccello
abbatte massicci portali di gelo,
è quando assicura: non è stanca di noi
non smette la terra
di farsi brucare.
Butta su le forme i sapori
per farsi mangiare. Da scuri granelli
diventa animale – e anche pensiero –
sostanza di noi.

(Mariangela Gualtieri, Le giovani parole, 2015 Giulio Einaudi Editore)

Luce

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Sono riuscita finalmente
a venirti a trovare,
amica mia,
da tanto tempo
lo desideravo.

Ti ho trovata smagrita,
lo sguardo un poco stanco
ma negli occhi dorati
il tuo solito guizzo birichino
era presente.

Il bisogno di parlare,
di raccontare
quanto tutto
sia stato faticoso.

Ma il più è passato
ancora un po’ da fare,
la vita ricomincia
e tu sarai
l’amica mia di sempre.

Piera M. Chessa

Il tempio di Antas

 

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Ho visitato il tempio di Antas diverse volte, eppure ogni volta mi ritrovo a guardarlo con lo stesso interesse, provando sensazioni a volte uguali a volte diverse.
Il tempio di Antas si trova non lontano dall’abitato di Fluminimaggiore, nell’Iglesiente, e nacque come santuario nuragico nel IX secolo a. C. Sono state trovate nella zona circostante alcune tombe a pozzetto, utilizzate appunto per la sepoltura. In una di queste è stato ritrovato un bronzetto che rappresenta una divinità maschile, probabilmente il Sardus Pater, il dio dei sardi nuragici, venerato presso il tempio.
A circa 200 metri sono ancora visibili i resti di un piccolo villaggio nuragico che risale al 1200 a. C. Comprende diversi ambienti dalla caratteristica forma circolare.

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Durante la fase cartaginese il tempio di Antas fu invece un luogo di culto dedicato al dio Sid, siamo intorno al 500 a.C., ma fu in epoca romana che conobbe i suoi momenti migliori. Prima sotto Augusto, che lo fece costruire sui resti dell’antico santuario, siamo tra il 27 a. C. e il 14 d. C, poi nel III secolo d. C., sotto Caracalla. Risale infatti a quest’ultimo periodo l’iscrizione di Caracalla situata sul frontone del tempio. A lui si devono i numerosi restauri effettuati.
Il tempio venne infine scoperto dal generale Alberto La Marmora nel 1836, mentre le attuali forme risalgono alla ricostruzione avvenuta nel 1967.

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(Le notizie riportate in questo testo sono state reperite sul web, le foto sono invece mie)

L’amore di una vita

Monti, impenetrabili monti
di panna montata
mi vengono incontro oggi
sulla strada,
niente di simile
ho visto per anni
nel corso della mia
non breve vita.

Mi accompagnò la neve
a lungo nell’infanzia
e ritorna nel tempo e nella mente
il lungo inverno
dei miei sette anni
quando un candido manto
ricoprì il mio paese
come una coltre spessa e calda
che a lungo avvolse strade
tetti e case.

Nacque forse lì
in quel tempo lontano
il mio grande amore
per la montagna,
quella stessa che oggi
dopo tanti decenni
mi regala ancora
emozioni speciali.

Piera M. Chessa

Amici merli

 

Cantano questa mattina
i merli
nel parco sotto casa
e i loro versi gentili
si rincorrono nell’aria.

Ne avverto il cinguettio
senza vederli
nascosti come sono
tra le foglie,
poi volano leggeri
di ramo in ramo
e intravedo appena
il loro becco giallo.

Un rito che si ripete
giorno dopo giorno,
un piacere per me
che spesso a quest’ora
in solitudine
attraverso il giardino.

Piera M. Chessa

Toscana

Un testo di Graziella Cappelli, poetessa toscana che ama profondamente la natura, le cose belle della vita, gli animali, che ama la sua terra, la sua splendida regione. A lei ha dedicato più volte delle suggestive poesie, eccone una, molto bella, tra le tante.

 

 

Sirena
emersa dal mare
adagiata e pigra
mostri
geometria di forme
morbide.

Ti ornano le spalle
i ricci capelli
d’Appennino
e gli occhi d’agata
sfumano…
nell’infinito.

La schiena inarchi
quando il vento
ti solleva i veli
e sparge profumi
nelle conche
smeraldine.

Mia luce
a te ritorno
nell’ora inquieta

dove il tramonto
t’incendia i fianchi.

Tra silenziosi cipressi
mi accovaccio
mentre
una melodia
m’invade
e dopo..piango…

Graziella Cappelli, Nel palazzo dell’ombra, Poesie, 2015 Ibiskos EditriceRisolo

La Marmolada

Mi guardi, gigante di pietra,
e io, piccola e senza difese,
guardo te quasi con timore.
Che cosa siamo noi
di fronte a voi
così immensi e lontani?

Questa sera sei vestita di bianco
e conscia della tua bellezza
ignori il nostro passaggio
lo stupore
la nostra umana paura.

Quante cose avresti da narrare
se solo volessi,
racconteresti di tramonti rosa
dietro le tue alte cime
di incontri con uomini temerari
di sguardi commossi o affascinati.

Eppure non dici niente
solo ci guardi impassibile
mantenendo profonde distanze
tra noi e te.

Piera M. Chessa