Archivio | Maggio 2019

Passeggiando per Is Arutas (Le grotte)

20190525_123248

Qualche giorno fa, approfittando di una giornata discreta di questo mese di maggio abbastanza insolito, sono andata a fare una passeggiata, in compagnia di mio marito, sulla spiaggia di Is Arutas.

La prima cosa che ha catturato il mio sguardo sono state le capanne di falasco. Non sono quelle originali, le antiche capanne costruite nel passato dai pescatori, ma le ricorda parecchio, e soprattutto ricorda quel tempo che non c’è più. Oggi hanno più che altro una funzione turistica.

Intorno, papaveri e fiorellini gialli, qualche muretto a secco, e sullo sfondo, il mare.

Mi avvio, già rapita, verso la spiaggia dalla sabbia bianca, il mare è turchese e azzurro, le rocce sembrano abbandonate lì con noncuranza da un dio sconosciuto, diverse le alghe sparpagliate sull’arenile.

Gente del luogo e turisti passeggiano sotto un cielo non proprio azzurro ma accogliente. Qualcuno preferisce, con bermuda, cappellino e piedi nudi, passeggiare sulla battigia, in lontananza s’intravede qualche increspatura.

Poco distante, le rocce affiorano dall’acqua a gruppi, sono piccoli scogli, altre, più grandi, si allungano sulla spiaggia. Si vedono delle reti predisposte per la pesca.

Alcune persone scattano le immancabili fotografie, nessuna meraviglia, il paesaggio è incantevole. Mi avvicino ancora di più alla riva, il bianco , il turchese, il verde e l’azzurro s’intrecciano, io affondo con le scarpe nella sabbia, poco importa.

A un certo punto vedo un cane di grossa taglia, con il manto nero, dirigersi verso il mare per poi uscire velocemente scrollandosi l’acqua di dosso, prima di andare a rotolarsi ripetutamente sulla spiaggia. Argo, il nostro cane, più diffidente, si mantiene a poca distanza da noi.

Incontriamo una coppia di turisti, capiamo che sono i proprietari del cane nero che prima ha attirato la mia attenzione.. Vedo che si avvicina ad Argo, sto all’erta. Scopro però che si tratta di una femmina, mi sento più tranquilla.

Ci fermiamo a chiacchierare con i suoi padroni. Sono milanesi ma abitano in Trentino, hanno lasciato la loro città senza alcun rimpianto. Mi stupisco perché conosco un po’ Milano e i suoi abitanti, amano molto la loro città, senza riserve. La signora invece mi dice: “Sono milanese al cento per cento, ma non amo vivere nella mia città, nonostante offra di più per certi versi, teatri, cinema, attività varie…”. Manifesto il mio amore per il Trentino, come non essere d’accordo?

Spinti dalla curiosità che percepiamo nei loro atteggiamenti, diamo qualche indicazione su alcune località turistiche presenti sul territorio. Ci ascoltano con molto interesse.

Purtroppo la nostra conversazione si interrompe bruscamente nel vedere i nostri cani litigare, probabilmente a causa della gelosia verso i rispettivi padroni.

Il nostro, vecchietto e di taglia medio/piccola, viene fuori dalla baruffa un po’ malconcio, ci accorgiamo subito che ha un taglio abbastanza grosso su un orecchio, sanguina un poco. Sono cose che capitano, non bisogna drammatizzare.

Ci salutiamo un po’ velocemente, dispiaciuti tutti per un finale che non avevamo previsto.

Auguriamo loro un buon proseguimento di vacanza, prima di dirigerci verso l’auto interrompendo la passeggiata. Vogliamo lavare e disinfettare la ferita del nostro cagnetto, che cerca, ancora impaurito, soltanto coccole.

***

* Is Arutas è una delle spiagge più belle della penisola del Sinis, si trova in territorio di Cabras, a 22 km circa da Oristano.

20190525_122130    20190525_122322

20190525_122349    20190525_122951

20190525_122958    20190525_123056

20190525_123102    20190525_123116

 20190525_123255        P.M.C.

Ricordando Giovanni Falcone, sua moglie, e gli agenti della sua scorta

Il 23 maggio del 1992, Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e gli agenti della sua scorta furono assassinati, presso Capaci, vicino a Palermo, da “Cosa Nostra”, che non sopportava l’impegno e la determinazione dimostrati da  Falcone e Borsellino nell’opporsi alla mafia.

Falcone e Borsellino intuivano perfettamente  da tempo quello che prima o poi sarebbe successo, ma non si tirarono mai indietro.

Oggi, tutti noi, Istituzioni e normali cittadini, li ricordiamo. Sono momenti di commozione e indignazione insieme, ma anche momenti che devono trasformarsi in opportunità, in riflessioni collettive e personali.

Di Falcone nel corso degli anni si è giustamente parlato tanto, come pure di Paolo Borsellino, si è parlato meno di Francesca Morvillo, una donna sulla quale vorrei soffermarmi un momento.

Francesca Morvillo era anche lei un magistrato, l’unica donna magistrato ad essere assassinata. Era una persona riservata, parlava poco ma ascoltava con molta attenzione, di lei infatti, in un’intervista, il magistrato Giuseppe Ayala disse:” Francesca era splendida, riservata e geniale. Un magistrato brillante. […]. E’ vero che parlava poco e ascoltava di più. Ma non era un atteggiamento di passività. Piuttosto preferiva osservare attentamente”.

Aveva una forte personalità e Falcone ne rispettava le idee. Entrambi vivevano sapendo che sarebbero potuti anche morire. Lui cercò di tenerla lontana da quella sua vita sempre in bilico quando venne trasferito a Roma, al Ministero di Grazia e Giustizia, ma lei volle seguirlo ugualmente.

Falcone e la moglie non ebbero figli; sebbene lei avesse lavorato per sedici anni alla Procura dei minori di Palermo, e in quel contesto avesse incontrato moltissimi bambini e costruito con loro un rapporto di fiducia, avevano entrambi fatto una scelta consapevole, precisando che ” non volevano mettere al mondo degli orfani”.

Voglio ancora ricordare gli agenti della scorta, i loro nomi, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, ragazzi coraggiosi che conoscevano bene le difficoltà del proprio lavoro, e ricordo ancora il pianto e le parole della moglie di Vito Schifani, Rosaria Costa, una ragazza di ventidue anni, parole pronunciate con semplicità, dignità ma anche con fermezza. Parole che rimarranno a lungo nella nostra memoria collettiva. “Io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare…”.

P.M.C.

Mattino in Val di Fiemme

 

20190427_123123

Qualche tempo fa…

Si restringono sulle strade
i cumuni di neve
dopo la recente breve nevicata,
macchiandosi di fango
hanno perso ormai
tutto il loro candore.
Contrasto di chiaro e scuro
mentre assumono strane forme
che colpiscono i miei occhi.

Sui monti vicini
la nebbia si espande,
non vedo più
l’accogliente campanile della chiesa.
Piccoli e grandi uccelli
volano tra i tetti
rimandandomi il canto
in questo silenzioso mattino.

Mentre mi allontano,
intravedo lunghe tracce di fumo
salire verso l’alto
dai comignoli delle case
ancora addormentate.

P.M.C.

Alcune poesie di Hermann Hesse

 

20190511_201344

 

Incontrai per la prima volta Hermann Hesse quasi tre decenni fa, quando mio figlio frequentava la quarta ginnasio. Aveva un’insegnante di lettere tanto severa quanto brava. Ricordo che alla fine dell’anno propose ai suoi ragazzi, durante l’estate, la lettura di alcuni libri, tutti dello stesso autore. Quel primo anno scelse appunto Hermann Hesse. Fu una grande scoperta per mio figlio, ma non lo fu meno per me. Mi piacque subito. Inizialmente mi avvicinai al narratore, lessi di lui parecchi libri, li conservo tutti, e tutti con lo stesso affetto, solo più tardi scoprii il poeta.
Di Hesse scrittore parlerò più a lungo in seguito, ora desidero soltanto riportare alcuni suoi testi poetici i cui contenuti hanno attirato la mia attenzione, così come il suo sguardo ampio e profondo.
Le poesie sono tratte da un libro molto interessante, seppure non recentissimo, che fa parte di una collana intitolata Poeti del Mondo, dedicata ad autori di diverse nazionalità, e pubblicata dal Gruppo Editoriale L’Espresso. L’intera opera è curata da Maurizio Cucchi.

****

Ti chiesi

Ti chiesi perché mai posi il tuo occhio
di buon grado nel mio,
come una stella vivida del cielo
in un oscuro flutto.

Tu mi guardasti a lungo,
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
poi mi dicesti con tenerezza:
Ti voglio bene perché sei tanto triste.

[…]

1898

Primavera

In cripte al crepuscolo
ho a lungo sognato
dei tuoi alberi e arie azzurre,
del tuo profumo e canto di uccelli.

Ora giaci dischiusa
gioiello splendente
inondata di luce,
un incanto per me.

Mi conosci di nuovo,
e morbida mi tenti,
mi vibra per tutte le membra
il tuo beato presente.

Aprile 1899

Notte

Ho spento il lume; la finestra aperta
ora la notte nel suo flutto bagna,
mi abbraccia mite come una sorella
e come una compagna.

Eguale nostalgia ci ammala e sogni
che sembrano presagi: con alterna
voce parliamo degli antichi giorni
nella casa paterna.

1907

La fiorita rama

Col vento, contro il vento,
s’agita sempre la fiorita rama;
sempre tra giorni chiari e giorni oscuri,
tra volere e svolere,
simile a un bimbo s’agita il mio cuore.

Finché, caduti i fiori,
la rama è ferma, carica di frutti;
finché il cuore, di fanciullezza sazio,
ha la sua pace, e sa:
pien di gioia e non vano
era l’inquieto gioco della vita.

14.2.1913

Farfalla azzurra

Piccola, azzurra aleggia
una farfalla, il vento la agita,
un brivido di madreperla
scintilla, tremola, trapassa.
Così nello sfavillio d’un momento,
così nel fugace alitare,
vidi la felicità farmi un cenno
scintillare, tremolare, trapassare.

(Poeti del Mondo, a cura di Maurizio Cucchi, Hermann Hesse, Poesie. Gruppo Editoriale L’Espresso)

 

Hermann Hesse nacque a Calw, in Germania, esattamente nella Foresta Nera, il 2 luglio del 1877, e morì a Montagnola, in Svizzera, il 9 agosto del 1962.
Tra le sue opere più importanti, Peter Camenzind, considerato dai critici il suo primo successo letterario, pubblicato nel 1904, poi, Siddharta, del 1922, Il lupo della steppa, del 1927, Narciso e Boccadoro, del 1930, infine, Il gioco delle perle di vetro, del 1943.
Per quanto riguarda invece la sua produzione letteraria in versi, l’anno precedente, nel 1942, venne pubblicata l’intera raccolta delle sue Poesie. Ve ne fu un’altra, molti anni più tardi, nel 1961, nella quale vennero ulteriormente inseriti dei nuovi testi poetici.

Una giornata di sole

20190507_084429

Finalmente una giornata di sole, oggi sembra che la primavera si sia svegliata e sia ben disposta verso di noi.

Ce lo auguriamo perché ne abbiamo veramente bisogno. Vogliamo dimenticare, almeno per un po’, tutto il marcio che quotidianamente avvertiamo intorno e che in diversi modi entra di prepotenza nelle nostre vite, colmando l’animo di amarezza, preoccupazione e ansia per il futuro.

Non ho intenzione, in questo momento, di approfondire argomenti che fanno male, ci pensano la televisione, la radio e i giornali a nutrire quell’angoscia sottile che ci portiamo dentro.

Voglio invece spalancare gli occhi sulla natura, sulla sua bellezza, sul suo incitamento a non lasciarci andare, a credere , nonostante tutto, che ognuno di noi, nel suo pezzettino di terra, possa fare qualcosa e dare il suo contributo, per far germogliare qualche seme in un mondo e in un’epoca in cui veramente la speranza sembra un’intrusa da combattere, senza renderci conto che è l’unica forza che ci rimane per non soccombere al disfattismo e al nichilismo.

 20190507_084316           20190507_084501

20190507_084611            20190507_084642

20190507_084746            20190507_085003

                      20190507_085203

                                                  P.M.C.

L’odio, di Wislawa Szymborska

 

20190505_183646

Guardate com’è sempre efficiente,
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l’odio.
Con quanta facilità supera gli ostacoli.
Come gli è facile avventarsi, agguantare.

Non è come gli altri sentimenti.
Insieme più vecchio e più giovane di loro.
Da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.
L’insonnia non lo indebolisce, ma lo rafforza.

Religione o non religione –
purché ci si inginocchi per il via.
Patria o no –
purché si scatti alla partenza.
Anche la giustizia va bene all’inizio.
Poi corre tutto solo.
L’odio. L’odio.
Una smorfia di estasi amorosa
gli deforma il viso.

Oh, quegli altri sentimenti –
malaticci e fiacchi.
Da quando la fratellanza
può contare sulle folle?
La compassione è mai
giunta prima al traguardo?
Il dubbio quanti volenterosi trascina?
Lui solo trascina, che sa il fatto suo.

Capace, sveglio, molto laborioso.
Occorre dire quante canzoni ha composto?
Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
Quanti tappeti umani ha disteso
su quante piazze, stadi?

Diciamoci la verità:
sa creare bellezza.
Splendidi i suoi bagliori nella notte nera.
Magnifiche le nubi degli scoppi nell’alba rosata.
Innegabile è il pathos delle rovine
e l’umorismo grasso
della colonna che vigorosa le sovrasta.

E’ un maestro del contrasto
tra fracasso e silenzio,
tra sangue rosso e neve bianca.
E soprattutto non lo annoia mai
il motivo del lindo carnefice
sopra la vittima insozzata.

In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
Se deve aspettare, aspetterà.
Lo dicono cieco. Cieco?
Ha la vista acuta del cecchino
e guarda risoluto al futuro
– lui solo.

Wislawa Szymborska, La gioia di scrivere. Tutte le Poesie (1945- 2009).

A cura di Pietro Marchesani, Adelphi Edizioni

***

Wislawa Szymborska nacque il 2 luglio del 1923 a Kòrnik, in Polonia, e morì il primo febbraio del 2012 a Cracovia.
Nel 1996 ottenne il Premio Nobel per la letteratura. Tra i suoi scritti: Vista con granello di sabbia, del 1998, Discorso all’Ufficio oggetti smarriti, del 2004, Letture facoltative, del 2006, Due punti, del 2006, e Opere, del 2008.

Il Santuario di Pietralba

 

20190413_151241

Io vidi dal basso
il Santuario di Pietralba
e subito mi parve
un castello da fiaba.
“Forse Biancaneve
è passata da qui”,
mi dissi quel giorno
scherzando,
“vi ha soggiornato,
magari dormito
in attesa di un bacio”.

Bellissimo da vedere
immerso com’era nel silenzio
e circondato dalla neve,
suggestivo in quel candore
che tutto ricopriva.
E quel fresco
che penetrava lento
sottopelle,
mentre il cielo era azzurro
e gareggiava con il bianco
per provare a capire
quale fosse sulla terra
il colore più bello.

P.M.C.