Archivio | agosto 2019

La notte di San Lorenzo

 

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Foto da web

Cadono a gruppi le stelle su di noi,
hanno occhi aperti e luminosi
abili osservatori
delle cose del mondo.

Con lo sguardo
rivolto verso l’alto
io mi abbandono rapita
al loro enigma.

Buio e luce
silenzio e voce
sogno e mistero
dentro  innumerevoli spazi infiniti.

Minuscole lucciole celesti,
sentinelle maliziose
in viaggio
per le strade dell’universo.

P.M.C.

Bologna, 2 agosto 1980

 

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Foto da web

 

Trentanove anni fa, il mattino del 3 agosto del 1980, camminavo tranquillamente per le strade di Bologna in compagnia di mio marito Silvio e di mio figlio Alessandro, che allora aveva solo due anni.
Eravamo in vacanza, eravamo già stati in Veneto, e ora ci trovavamo in Emilia. Quel giorno, prima di proseguire per Roma, e poi per Civitavecchia per rientrare a casa, ci siamo fermati a Bologna, una città che non si può non amare.
In quei giorni di ferie non abbiamo mai pensato di comprare dei giornali, come invece facciamo quotidianamente, da sempre. In vacanza cercavamo la leggerezza, il riposo, la gioia di godere di ogni istante, di ogni paesaggio… Nessuna notizia, soprattutto di quelle non piacevoli, di quelle che purtroppo continuamente leggiamo o ascoltiamo.
Ed è stato così, con questo piacevole stato d’animo, che camminavamo per le strade di questa bellissima città.
A un certo punto arriviamo davanti alla Stazione Centrale, ed è qui che di colpo ci troviamo immersi in un silenzio irreale, transenne ovunque, cumuli di macerie e detriti, un via vai di persone che si muovono ancora come automi. Noi, frastornati, ci avviciniamo ad alcuni signori. Chiediamo che cosa è successo, ci guardano increduli, e hanno ragione.
Prima ancora di avere delle spiegazioni, spieghiamo che siamo dei turisti di passaggio, che in questi giorni di vacanza non abbiamo acquistato, come solitamente facciamo, nessun quotidiano, e non abbiamo guardato la televisione. Ci guardano con maggiore comprensione.
“Avete ragione”, ci dice uno di loro”, “in ferie si cerca di tenere lontani i problemi quotidiani, e anche le brutte notizie”. E subito ci spiega:” Qui, ieri mattina, c’é stato l’inferno, non sappiamo nulla di preciso, solo che sono morte tantissime persone, non si sa ancora neppure quante, e oltre ai morti, c’è un numero impressionante di feriti… ”
Ricordo che tenevo mio figlio per mano, o forse lui teneva me, soprattutto in quei momenti di sgomento, e forse è stata la sua inconsapevolezza a darci forza, il suo affidarsi a noi con fiducia. Ricordo anche che mio marito ed io ci siamo guardati e poi ci siamo detti, rabbrividendo, che se fossimo passati il giorno prima, alle dieci e mezza circa del mattino, forse anche noi saremmo stati tra quei morti. Magari non sarebbe rimasto nessuno della nostra piccola famiglia.
Siamo stati fortunati.
Quante cose ancora, mi chiedo oggi, avrebbero voluto dirci quei signori! Chissà quanta amarezza, quanto dolore! E ancora tutto da capire, perché era trascorso soltanto un giorno.
Solo un po’ alla volta, nei giorni successivi, loro, e tutti noi italiani, abbiamo incominciato a capire, a mettere a fuoco l’assurdità di una tragedia che è stata nutrita dall’odio e dalla crudeltà di persone che avevano deciso consapevolmente di colpire e uccidere un numero incredibile di innocenti, che ancora oggi non hanno avuto del tutto giustizia.
Vi era una bambina tra quei morti, la più piccola, si chiamava Angela Fresu, aveva solo tre anni. Era una bimba sarda, come noi, aveva i capelli neri e il viso paffutello, oggi sarebbe stata una giovane donna di quarantadue anni. Ricordo che la “conobbi”, tanti anni fa, grazie a Milvia Comastri, cara amica, che ne parlò in modo approfondito sul suo blog, e che ancora la ricorda. E’ stata quella fotografia in bianco e nero a rimanermi impressa nella mente in tutti questi anni; anche oggi ho rivisto Angela, una piccola foto in mezzo a tante altre, tanti volti sconosciuti che rimangono ancora dentro di noi, per la loro morte assurda, ingiusta e crudele.
“Restiamo umani”, disse un giovane dal cuore grande, tanti anni fa, si chiamava Vittorio Arrigoni.
Ma noi non siamo capaci di “restare umani”, perché la nostra umanità l’abbiamo persa tutta, e lo dimostriamo quotidianamente.

P.M.C.

Povere donne

 

violenza-donne1

Foto da web

 

Povere donne,
quanta sofferenza
nelle vostre vite!
Parole dure per voi,
gesti di disamore,
indifferenza,
e tanta tanta violenza.

Costrette a nascondere
dietro i sorrisi
un’amarezza indicibile,
un imbarazzo profondo,
un dolore che fatica
a rimanere contenuto
dentro un cuore
ampio e accogliente.

Povere donne,
poche volte capite,
tante volte umiliate,
perché scomode e lontane
per uomini troppo piccoli e meschini.

P.M.C.