
Hermann Hesse, nato a Calw, in Germania, il 2 luglio del 1877, e morto a Montagnola, in Svizzera, il 9 agosto del 1962, insignito, nel 1946, del Premio Nobel per la letteratura, non è soltanto l’autore di libri straordinari come Siddharta, Il giuoco delle perle di vetro, Narciso e Boccadoro, o Il lupo della steppa, e neppure di molte suggestive raccolte di poesie, oltre che di racconti.
No, Hesse è autore di diversi altri libri, magari non così famosi, ma non per questo meno interessanti e coinvolgenti.
Tra questi vi è La Natura ci parla, che fu pubblicato nel 1990 da Arnoldo Mondadori Editore. Da questo piccolo libro ho tratto i brani che seguono, due in prosa e uno in versi.
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Scrivere e scritture
“Quando un bambino, a scuola, scrive lettere e parole, non lo fa spontaneamente, inoltre col suo scrivere non vuole dire niente a nessuno, e per giunta si sforza di avvicinare le sue costruzioni a un ideale irraggiungibile quanto grandioso: le belle, impeccabili, corrette, esemplari lettere che il maestro, con una perfezione inimmaginabile, tremenda, eppure profondamente ammirata, ha evocato sulla lavagna. […] La scrittura del bambino deluderà il bambino stesso, e anche nel migliore dei casi non soddisferà del tutto il maestro.
Se il medesimo scolaro, non sentendosi osservato, col suo temperino male affilato cerca di incidere o graffiare il proprio nome sul vecchio legno dello screpolato banco di scuola – un lavoro lungo ma bello, in cui è già impegnato da settimane, nei momenti favorevoli – questa è un’attività del tutto diversa. E’ volontaria, è divertente, è segreta ed è proibita, non ha norme da osservare né critiche dall’alto da temere, ha anche da dire qualcosa, qualcosa di vero e di importante, ossia dare conto dell’esistenza e della volontà del ragazzo e fissarla per sempre. Inoltre è una lotta e, se riesce, una vittoria e un trionfo, il legno è duro e ha fibre ancora più dure, oppone al temperino solo resistenza e difficoltà, e il temperino non è l’arnese ideale, la lama è alquanto traballante, la punta è scheggiata, il filo non è più tagliente. Una grossa difficoltà consiste anche nel fatto che simili lavori, pazienti quanto audaci, devono essere tenuti nascosti non solo agli occhi del maestro ma – a causa degli stridori del tagliare, incidere, graffiare – anche ai suoi orecchi. Il risultato conclusivo di questa lotta tenace sarà qualcosa di totalmente diverso dalle righe riempite di malinconiche lettere sul quaderno di carta. Verrà osservato per centinaia di volte, diverrà fonte di gioia, di soddisfazione, di orgoglio.”
La natura è dovunque bella
“Non dobbiamo cercare, ma trovare; non dobbiamo giudicare, ma osservare e comprendere, respirare ed elaborare quanto abbiamo inalato. Dal bosco e dal prato che si falcia in autunno, dal ghiacciaio e dal campo giallo di spighe, attraverso tutti i sensi deve fluire in noi vita, vigore, spirito, significato, valore. Una escursione in luoghi panoramici deve promuovere in noi la cosa più alta, l’armonia con il cosmo, e non dev’essere uno sport né uno sfizio. Noi non dobbiamo osservare e valutare la montagna, il lago, il cielo con un generico interesse, ma muoverci tra queste realtà che, come noi, sono parte di un tutto […] sentendoci come a casa propria, ognuno con le sue capacità e con i mezzi conformi alla sua cultura, uno come artista, l’altro come naturalista, un terzo come filosofo. Noi dobbiamo sentire il nostro essere particolare, e non solo quello corporeo, affine al tutto e inserito nel tutto. Solo allora abbiamo rapporti reali con la natura.
Per esempio il godimento “pittoresco” della natura è a priori povero e unilaterale perché è posto esclusivamente nel senso della vista.
Ma molto spesso l’impressione più intensa e più caratteristica di una passeggiata o di una sosta nella libera natura non è un’impressione visiva. Ci sono momenti e luoghi in cui tutto ciò che è raggiungibile dagli occhi è nulla a confronto con ciò che colpisce l’orecchio, con lo zirlare dei grilli, col canto degli uccelli, il rombo del mare, il risonare dei venti. Un’altra volta è l’olfatto ad avere le impressioni più intense: il profumo dei fiori dei tigli, l’odore del fieno, l’odore di campi umidi, appena arati, odore di acqua salmastra, di catrame, di zostera. E per concludere, le impressioni naturali più intense sono forse quelle del sistema nervoso: afosità, elettricità dell’aria, temperatura, rigidezza e mitezza, secchezza e umidità dell’aria, nebbia.”
Il ramo fiorito
Sempre avanti e indietro
si tende al vento il ramo fiorito,
sempre oscillando
il mio cuore è teso come un bambino
tra giornate luminose e oscure,
tra volere e rinunciare.
Fino a che i fiori sono appassiti
e il ramo porta frutti,
fino a che il cuore, sazio di fanciullezza,
trova la sua pace e confessa:
pieno di gioia, e non cosa vana
è stato l’irrequieto gioco della vita.