Stamattina, per puro caso, ho avuto modo di parlare con un caro amico, Gavino Puggioni, di una sua silloge intitolata Le nuvole non hanno lacrime, pubblicata nel 2011.
E’ capitato che lui, pur essendo trascorso del tempo, ne abbia parlato sulla sua pagina facebook, ricordandola, immagino, anche con un pizzico di nostalgia.
Io, che con piacere conservo in casa una copia di questa bella raccolta, l’ho ripresa tra le mani e ho riletto parecchie delle poesie in essa racchiuse.
Devo dire che, per un’abitudine che porto con me da anni, ho letto anche i brevi appunti scritti a matita su un lato, durante la lettura fatta a suo tempo. Sono brevi frasi, molto sintetiche, che mi permettono tuttavia, anche a distanza, di non dimenticare le impressioni del momento, e che mi facilitano inoltre il lavoro, se decido di scrivere una Nota di lettura.
Sono andata infine a cercare proprio il testo che scrissi in quell’occasione, rendendomi subito conto che oggi, nonostante il periodo trascorso, avrei riportato sul foglio, dopo la lettura, le stesse impressioni e la stessa emozione.
E’ stato così che mi è venuta un’idea: quella di pubblicare nuovamente quello scritto, apportando soltanto alcune lievi modifiche.
Ringrazio ancora Gavino di tutto, augurandogli sempre tanta buona scrittura.
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Le nuvole non hanno lacrime, di Gavino Puggioni – Edizioni Il Foglio – 2011
“Le nuvole non hanno lacrime
perché la terra è già bagnata dalle proprie,
che sono, qualche volta, anche di gioia
quando un bambino nasce, sopravvive
e riesce a vivere.
Ma non gridano al miracolo.”
(Da “Le nuvole non hanno lacrime”)
Ho letto con partecipazione e interesse la raccolta “Le nuvole non hanno lacrime”, di Gavino Puggioni. Un libro che l’autore ha diviso in due parti: nella prima, raccoglie le sue Poesie, nella seconda, i suoi Pensieri.
Numerosi gli argomenti trattati e tante sicuramente le riflessioni che ne scaturiranno.
Poeta e uomo di grande sensibilità ed equilibrio, trae spunti e stimoli dagli avvenimenti, dalle esperienze personali e da quelle degli altri. Il suo sguardo attento va a cercare ben oltre le apparenze la verità e l’autenticità delle cose.
Gavino riflette profondamente sugli aspetti fondamentali della vita, guarda dentro di sé ma anche al mondo vicino e lontano, ragiona sulle ingiustizie e ha un occhio di riguardo verso i più piccoli e la loro sofferenza, verso quello che potrebbe accadere o è già accaduto.
Diversi i testi dedicati ai bambini, in essi si avverte la sua preoccupazione ma anche la tenerezza che prova nei loro confronti. Nonno sensibile, pensa ai nipotini ma non dimentica i bimbi sconosciuti e lontani.
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“Bambini ammazzati, sfregiati e violati.
Pedofili, uomini e donne, liberi
nel salotto-computer, che fanno affari.
Bambini venduti, prima scrutati e osservati
nel virtuale e poi nella realtà.
Dopo, classificati
e messi a disposizione degli orchi
che hanno il coraggio di celebrare la loro festa.”
(Da “Il muro da abbattere”)
“Il buio del nostro tempo
nella fame e nella sete
negli occhi splendidi
dei bambini del Darfur
Quel buio si illumina
soltanto e purtroppo
della nostra indifferenza.”
(Da “Il buio”)
Pensa alle donne non rispettate, abbandonate alla propria solitudine, schiave degli abusi altrui.
“Sogno sporcato dalla violenza
Kalima calpestata
Kalima violentata
in tutte le parti del corpo.
Kalima violentata da tutti
e lasciata sola
nell’ombra oscura della sua anima
che è già oltre i cancelli del nulla.”
(Da “ A Kalima, figlia del Darfur”)
Non dimentica neppure i problemi attuali, le incoerenze della nostra vita moderna, le corse senza freno verso non si sa quale meta, se non quella del denaro, dell’opulenza a tutti i costi, le differenze abissali tra le persone, ingiustizie che l’autore non può accettare.
“ E mi chiedo, dov’è finito il mio bel Paese
culla dell’arte, della musica e della storia?
Non lo vedo più,
sepolto com’è da musicanti che incantano,
da politicanti che confondono anima e mente
di un popolo genuflesso il quale si accontenta
e fa finta di amare, in un eterno amplesso,
solo se stesso
fatto di ipocrisia, nullità e vanagloria.”
(Da “Pensieri notturni”)
Sono presenti, poi, nella raccolta, alcuni testi in cui il sogno e la realtà si incontrano e si intrecciano a tal punto da impedire al lettore la possibilità di stabilire un confine netto tra i due mondi. Si può giocare su questa incertezza, credere di poter quasi far coincidere il vero col non vero.
“Con orbite grandi e verdi
l’elfo mi sorrise e saggio
mi invitò ad uscire e a non sognare
tanto, diceva lui, la vita è di passaggio,
come i sogni gli amori e i sentimenti
che valgono fino a quando li alimenti.”
(Da “ Ho incontrato un elfo”)
Ma la caratteristica che sembra prevalere, che accomuna Poesie e Pensieri, è forse il disincanto dell’autore, quello sguardo sul mondo all’interno del quale pare non ci sia posto per le illusioni.
“Ho provato ancora e non smetterò mai
di cercare pace in questa mia solitudine
fra sentimenti ed emozioni
che accarezzo da una vita
senza farmi tante illusioni”
(Da “ Provo a dimenticare”)
Eppure, in fondo a questa sua apparente rassegnazione, sembra di intravedere il desiderio che qualcosa possa comunque cambiare nella nostra società di uomini incoerenti e superficiali.
Forse è proprio nel momento in cui il poeta guarda verso l’alto, verso un cielo molto più limpido dei nostri propositi e dei nostri pensieri, che fa capolino la speranza.
“E non mi dire
che la bellezza
che la ricchezza
che la felicità
che l’amore
e tutto quello che ti pare
sono i pilastri
della vita
Quei pilastri mancano
o sono andati mancando
[…]
Solo il cielo mi pare pulito
e vicino”
(Da “ E non mi dire”)
Piera M. Chessa