La necropoli di Ludurru, presso Buddusò (SS)
(foto da web)
Le Janas, secondo la tradizione popolare sarda, erano delle fate piccolissime, molto più piccole degli umani, e vivevano in minuscole case scavate nella roccia.
Non sempre erano delle fate buone, anzi, avevano fama di essere lunatiche e capricciose. Un po’ fate e un po’ streghe, insomma, e anche piuttosto birichine. Le si può, in qualche modo, associare agli elfi, molto più conosciuti. Venivano talvolta considerate come degli esseri che stavano nel mezzo tra il mondo degli umani e quello delle divinità.
Si narrava che, all’interno delle piccolissime case, trascorressero il loro tempo tessendo sui loro magnifici telai d’oro.
****
Domus de Janas
Stanno
le case delle fate
nei campi verdi e soleggiati.
L’ingresso buio e misterioso
è un velo sollevato
su vite già vissute.
Tessono sempre
le fate silenziose
sui telai d’oro
lucenti come soli.
Poi, quando arriva
il momento del distacco,
abbandonato il corpo
morbido e sinuoso,
si trasformano in pietre.
Sentinelle guardinghe,
ridono
nel buio delle stanze,
scrutando il mondo intorno
e l’inutile affanno
degli uomini.
****
Al di là delle leggende, sempre molto suggestive, la verità è abbastanza diversa.
Le Domus de Janas erano in realtà delle tombe preistoriche scavate nella roccia più di cinquemila anni fa.
Talvolta erano effettivamente piccole, altre invece costituite da più ambienti. Spesso venivano scavate le une accanto alle altre, formando delle necropoli anche molto ampie. Le pareti venivano talvolta decorate con motivi stilizzati o simboli, ma anche con disegni geometrici o rappresentanti delle divinità. Tra queste quelle più venerate erano il Dio Toro e la Dea Madre.
Nel tempo, all’interno dei vari ambienti, sono stati trovati diversi oggetti che costituivano il corredo funerario del defunto. Come presso altre civiltà, si pensava infatti che dopo la morte incominciasse una nuova vita.
La Sardegna è disseminata di Domus de Janas, ve ne sono diverse in tutte le province. Alcune sono particolarmente frequentate dai turisti, che rimangono positivamente colpiti dalle spiegazioni fornite dalle guide locali, come spesso avviene anche durante le visite ai nuraghi.
Voglio, in breve, dire alcune cose almeno su due di esse.
La prima è la Domus de Janas di Ludurru. Si trova presso Buddusò, poco distante da Pattada, il paese in provincia di Sassari in cui sono nata, ed è una necropoli appartenente al Neolitico finale (3200-2800 a. C.).
E’ scavata nel granito, essendo Buddusò una terra particolarmente ricca di questo tipo di roccia, una pietra nobile e bella che viene abilmente lavorata, e che ha permesso al paese di essere conosciuto non solo all’interno dell’isola ma anche fuori.
La particolarità di questa necropoli sta proprio nel fatto che sia stata scavata in questa pietra dura, mentre solitamente le Domus venivano scavate nel calcare, molto più facile da modellare.
La seconda è la necropoli prenuragica di Sant’Andrea Prius. Si trova in una zona pianeggiante a circa dieci chilometri da Bonorva, in provincia di Sassari, presso una chiesetta campestre dedicata a Santa Lucia.
La necropoli è costituita da venti domus de janas, e risale al IV-III millennio a.C. Fu riutilizzata per lungo tempo anche durante il periodo romano e bizantino.
Una parte, la cosiddetta “Tomba del Capo”, al tempo delle persecuzioni venne poi trasformata in una chiesa rupestre. Più tardi venne affrescata con scene tratte dal Nuovo Testamento.
La chiesa fu dedicata a Sant’Andrea. Per questo motivo anche il sito prese il nome del Santo.
Una storia antica di millenni, quella sarda, come è antichissima l’isola, che conserva con passione e amore le tante leggende che di generazione in generazione sono state tramandate, e nello stesso tempo cura con rigore e competenza la sua storia.
Una storia alla quale i turisti sembrano oggi più interessati rispetto al passato, più curiosi e propensi ad approfondirla.
Io sono da sempre convinta che, per poter conoscere almeno un po’ i luoghi che desideriamo visitare, sia opportuno dedicare un pochino del nostro tempo anche alla loro storia.
La necropoli di Sant’Andrea Prius, presso Bonorva (SS)
(foto da web)
Piera M. Chessa