Archivio | dicembre 2020

Prontuario per il brindisi di Capodanno, di Erri De Luca

(Foto da web)

Buon 2021 a tutti con un testo di Erri De Luca nel quale, come sempre fa lui in tutti i suoi scritti, dimostra di avere uno sguardo molto attento su ciò che avviene intorno a sè.

Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,

a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,

a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi non capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo.

Erri De Luca

27 dicembre

Me ne sto qui
seduta sul divano
a ragionare.
Dicembre è quasi andato
e noi abbiamo vissuto
l’anno più faticoso
forse di una vita.
Quante giornate tristi
sulle spalle del mondo,
quante paure nel cuore
di noi tutti.
Tanti anziani andati via,
tante famiglie private
di un nonno o di un padre.

E ancora oggi
che non è finita,
in questo ventisette
di dicembre
continuiamo a guardarci
spaesati e intimoriti,
in viaggio verso un anno nuovo
che non è ancora nato
ma al quale chiediamo
di donarci speranza e salute,
e magari un po’ di pace.

Piera M. Chessa

Il Natale di Enzo Bianchi

Enzo Bianchi è nato a Castel Boglione, piccolo paese in provincia di Asti, il 3 marzo del 1943. E’ un monaco ed è autore di numerose saggi di notevole spessore.

Nel 1965 ha fondato a Magnano, in provincia di Biella, la Comunità monastica di Bose, della quale è stato priore fino al gennaio del 2017. Nel maggio di quest’anno, dopo una Visita Apostolica durata alcuni mesi, è stato allontanato dalla Comunità e sostituito. Appaiono piuttosto controverse le motivazioni che hanno portato a questo allontanamento.

Per quanto mi riguarda, io, che l’ho sempre stimato come uomo per le scelte fatte, e come scrittore per la sua bravura, continuerò ad apprezzarlo.

Mi piace la sua schiettezza e il suo cercare di vivere la fede con coerenza, mantenendo come punto di riferimento il messaggio evangelico.

Un uomo da molti rispettato e amato, da altri, criticato, come spesso avviene quando si ha un forte carisma e un temperamento determinato che porta spesso ad andare controcorrente.

Di seguito, due brani molto interessanti tratti da due suoi diversi libri. Entrambi hanno come tema il Natale. Nel primo, Enzo Bianchi racconta come questa festività così suggestiva veniva vissuta quando lui era un ragazzo, nel secondo brano, invece, come viene vissuta oggi.

***

Il Natale è per l’uomo

…”Se il modo di percepire e celebrare il Natale è cambiato nei secoli, i mutamenti si sono fatti più rapidi in questi ultimi decenni, al punto che chi è anziano può misurarli nell’arco della sua stessa esistenza. Un tempo, negli anni dell’immediato dopoguerra e fino al boom economico, periodo da me trascorso nella campagna monferrina, il Natale era davvero la festa più importante dell’anno, e non certo per i regali, allora tali per modo di dire e ben scarsi. Alcune volte c’era qualcosa da donare ai figli, ma altre volte i genitori sconsolati dicevano con molta naturalezza che non c’era niente perché l’annata era stata cattiva. Quando c’erano, i regali erano frutta secca, cioccolatini, caramelle, il panettone oppure, se ci si scostava dai dolci, un quaderno più bello, una nuova penna, qualche matita colorata…

Eppure, si attendeva il Natale con ansia. Iniziata la novena di preparazione, noi bambini andavamo nei boschi a raccogliere il muschio, cercavamo carta da pacco che spruzzavamo con vari colori e poi l’ accartocciavamo perché assumesse la forma di rocce, grotte, speroni di montagna. Quindi su un tavolo in cucina o nella sala si disponevano le statuine del presepe, cercando ogni anno che la composizione assumesse un aspetto diverso.”

Enzo Bianchi

(Da Il pane di ieri, 2008 Giulio Einaudi Editore)

La notte dell’attesa

“Da un po’ di anni, al sopraggiungere dell’Avvento, spontaneamente mi interrogo sui profondi mutamenti che ha conosciuto nel corso della mia esistenza, in un paese di antica presenza cristiana come l’Italia, il tempo che precede il Natale e mi domando: chi riesce ancora a vivere il Natale nella sua dimensione di mistero, di evento della fede? Infatti, già dopo la festa di Ognissanti e la memoria dei morti – diventata per molti una carnevalata estemporanea – il Natale si preannuncia come la festa imbandita dai commercianti: è la chiamata alla corsa per gli acquisti e i regali, alla ricerca di cibi sempre più ricercati, inediti e costosi, al lusso da ostentare e all’organizzazione delle “feste”, da protrarsi almeno fino all’Epifania. Ormai c’è un’ideologia del Natale e tutto concorre a che non ci si scandalizzi più, non ci si pongano domande, non ci si senta interpellati.

Tutto questo, poi, avviene nell’indifferenza verso coloro che la povertà tiene lontani dalla festa e anzi precipita in una frustrazione sempre più accentuata. Ma ricordarsi dei poveri quando si è intenti a godere dell’opulenza e a dedicarsi al consumo è oggi giudicato moralismo: se uno osa anche solo porre l’interrogativo se tutto questo sia necessario, viene giudicato, ben che gli vada, un guastafeste. Così ci troviamo impreparati a interiorizzare la festa del Natale e finiamo per essere catapultati in una celebrazione di cui riusciamo a malapena ad afferrare alcuni brandelli di senso, lasciandoci sfuggire il cuore del messaggio.”

Enzo Bianchi

(Da Ogni cosa alla sua stagione, 2010 Giulio Einaudi Editore)

Un presepe speciale

(foto da web)

Allestirò quest’anno
un presepe speciale,
diverso dal solito,
sobrio ed essenziale.

Ospiterò nella povera capanna
un piccolo asinello,
e un bue vecchietto
magro e poverello.

Scalderanno un poco
Giuseppe e Maria,
e ancor di più il bambino Gesù
venuto a trovarci da lassù.

Non mancheranno
pastori e pecorelle,
e sopra di loro
miriadi di stelle.

E dopo qualche giorno
arriveranno i Re Magi,
che porteranno doni preziosi
per rendere al neonato i loro omaggi.

Sarà certamente un bel Natale
purché ci porti un regalo speciale:
un nuovo modo di vedere le cose
spingendo lo sguardo anche altrove.

Piera M. Chessa

Vigilia di Natale


(Foto da web)

Un bel ricordo di qualche anno fa, quando mai avremmo immaginato di vivere un’esperienza come quella attuale. Ripropongo questo testo con l’augurio che presto si possa ritornare a una vita un po’ più serena.

***

Una bella serata stasera,
persone prima sconosciute
ora amici amabili
che è bello frequentare.

Si ascolta, si chiacchiera insieme
si raccontano viaggi lontani…
Egitto, Petra, Gerusalemme
e tanto tanto altro ancora.

Profumi distanti, sapori sconosciuti,
luoghi provenienti dai sogni
per questo così belli.

E poi il presente, nell’isola,
quel che è nostro e ci appartiene,
i nuraghi, le rovine di antiche città,
esistenze distanti e vicine.

Quante storie stasera
mentre si mangia e si beve
e nel camino caldo e accogliente
la legna lentamente muore.

P.M.C.

Bitti: l’alluvione del 28 novembre 2020

Bitti (foto da web)

Sono trascorsi alcuni giorni dal momento in cui il paese di Bitti, situato nella sub-regione della Barbagia, è stato travolto dall’acqua, che ha causato ingentissimi danni, e purtroppo anche tre vittime.
Difficile descrivere quello che si prova, perché ogni parte della nostra isola è cara a ognuno di noi, così come avviene in ogni altra regione, per cui il mio dispiacere è uguale a quello provato da ogni abitante della Sardegna.
Bitti è uno dei tanti bei borghi di quest’isola, e vedere quello strazio nelle strade, intorno e dentro le case, fa veramente male. Sapere che tre persone, tre vite, non ci sono più, non può lasciare nessuna persona sensibile indifferente. Una di esse era un uomo di cinquantacinque anni, i suoi compaesani lo hanno ricordato con rimpianto, le altre due, una coppia di anziani. Il marito è stato trovato per primo, inizialmente si parlava infatti di due vittime. Aveva novant’anni, ma l’età non significa nulla, niente toglie alla sofferenza e all’assenza. La moglie è stata ritrovata più tardi, a un chilometro di distanza da casa. Di anni ne aveva ottantanove, sembra che non si sia resa conto di quello che stava succedendo intorno a lei.
Quante abitazioni rovinate, quanti ricordi scomparsi nel giro di poche ore!
Esattamente come era successo presso Olbia sette anni fa, nel 2013, ma anche nello stesso Bitti e in altre zone dell’isola.
Per fortuna talvolta avvengono dei piccoli miracoli, che, forse perché inattesi, appaiono grandi.
Dopo lo stordimento delle prime ore, gli abitanti di Bitti hanno cercato di reagire, di rimboccarsi le maniche e non darsi per vinti. E in questa coraggiosa presa di coscienza hanno scoperto di non essere soli e di avere al loro fianco tante persone sensibili e solidali che sono arrivate a dare il loro aiuto.
Fa bene vedere alcune immagini di questi ultimi giorni, uomini e donne che lavorano insieme per liberare le strade e le case dai detriti e dal fango, che per ore e ore sono venuti giù allagando le vie del paese. Una fiumana che sembrava una furia impossibile da fermare, che spostava, come fossero fuscelli, le malcapitate automobili e tutto ciò che trovava lungo il percorso.
Sarà difficile per tutti noi dimenticare quei video e quelle fote, impossibile per Bitti rimuovere questa terribile esperienza e scordare le tre vittime, i cui parenti e il paese intero piangeranno a lungo.
Indubbiamente si cercherà di fare chiarezza sul perché tutto questo sia potuto succedere. Capire se la natura abbia deciso di mostrare il suo volto di matrigna, o se, benevola come spesso sa essere, la cause vadano cercate altrove.
Il mio pensiero, e credo quello di tutti noi va, in questi momenti, a chi si sente più fragile: ai familiari delle vittime e a chi si trova privato di una casa che possa accoglierlo, e forse con un pezzo di passato che non c’é più.

Bitti (foto da web)

Piera M. Chessa