Scrissi questo testo nel 2010, quando Haiti fu colpita da un terribile terremoto. In quest’ultimo periodo, a distanza di tanti anni, sembra di rivedere la stessa tragedia, lo stesso dolore. Un Paese devastato oltretutto dal passaggio dell’uragano Grace, come se non bastasse sentire la terra che trema, vedere le case che vengono giù come se fossero di carta, e la morte di innumerevoli persone di ogni età. E poi le difficoltà per andare in aiuto di chi vive nei luoghi meno agevoli, più lontani dai principali centri abitati. Gente disperata ovunque, che blocca nelle strade i mezzi di trasporto, a tal punto da rendere ancora più difficili gli aiuti umanitari.
Non dimentichiamo il dramma degli abitanti di Haiti, dove i poveri sono veramente tanti. Non dimentichiamoli, anche se in questi ultimi giorni i nostri occhi sono segnati dalle foto e dalle notizie terribili che arrivano dall’Afghanistan, dove il dolore è altrettanto intenso e la paura annebbia le menti.
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(foto da web)
Haiti
E vide la luce
in quel giorno di sole,
poi si guardò intorno spaesato:
rovine e polvere a coprire la terra,
uomini in corsa, donne piegate.
Dopo giorni trascorsi nel buio,
coperto soltanto da detriti e paura,
gli sembrò di sognare afferrando una mano
che teneva ben salde le sue incerte dita.
La luce colpiva con forza il suo viso
di bimbo cresciuto, diventato ormai grande,
cercò i visi noti di sua madre e suo padre,
trovò sguardi buoni di gente mai vista.
La pelle diversa da quella dei suoi,
diversa la lingua, diverso il dolore,
forse uguale il calore e la grandezza del cuore.
Piera M. Chessa