
(foto da web)
Si avvicina il Natale,
possiamo noi guardarci
senza provare dolore
nel vedere le fotografie
di adulti e bambini al confine
tra due Paesi stranieri,
in balìa della sete e la fame
mentre affrontano la paura
di un rigido inverno
in un luogo inospitale?
Tutti tacciono, nessuno vede,
ma osservano e parlano
gli occhi spaventati dei bambini,
parla il loro pianto.
Chiedono acqua, cibo, coperte,
e poi il dono più grande:
un luogo accogliente e sicuro.
Solo il filo spinato intorno a loro,
nessuna comprensione,
lo spesso muro dell’indifferenza,
lo sguardo lontano e crudele
di chi non vuole sapere.
Eppure, il Natale è vicino.
Mi piace immaginare
quel giorno lontano
in cui nacque un bambino
in una capanna scaldata soltanto
dal fiato di un asino e un bue.
Piera M. Chessa
Ho scoperto che si chiama senso di colpa deontologico quello che si prova di fronte a tutta questa gente disperata. Noi come singoli non abbiamo colpe ma…la nostra totale impotenza ad aiutarli ci annienta e ci toglie la serenità. Anch’io li penso spesso e grido all’ingiustizia.