
Le mani accolgono,
accarezzano,
scaldano, sostengono,
dimostrano amore.
Ma sanno anche
allontanare,
avvilire, colpire,
umiliare e ferire.
Siamo fatti
di ombra,
siamo fatti
di luce.
Piera M. Chessa
(foto da web)
Tre anni fa, l’8 settembre del 2020, se ne andava una cara, carissima amica: Graziella Cappelli. Una donna speciale, un poetessa speciale. Lascia una bella eredità a tutte le persone che amano la poesia, e che continuano a ricordarla e ad incontrarla leggendo i suoi versi densi di grazia e armonia, di amore per la natura e per gli animali, di comprensione e condivisione soprattutto verso chi è più solo e più fragile.
Manca Graziella, mancano le persone come lei, capaci di empatia e altruismo disinteressato.
Oggi, 25 aprile, giorno della Liberazione, voglio ricordarla così, con tre suoi testi poetici.
Nel primo ci racconta la nascita avvenuta in un giorno così straordinario, nel secondo percepiamo la sua amarezza per la superficialità dell’uomo, nel terzo, infine, fa un suggestivo ritratto della Toscana, la bella regione di cui è figlia.
Da parte mia la ringrazio con affetto e stima per averla incontrata sulla mia strada, e per aver avuto in dono non soltanto i suoi versi ma anche l’amicizia.
25 Aprile 1945
Sono nata
nella casa
dalle tegole
rotte
e finestre
di vento.
Rifiorivano
i meli
sui campi
incrostati
di sangue.
La Liberazione
cantava
marciando
tra garrule
bandiere
e carri armati
a gremire
le piazze.
Ancora…
piange
la terra.
Quasi tutto passa
Inesorabilmente
giorni ed anni
nel mutare
delle stagioni.
Cambiano
le mode
i governi.
Solo
la stupidità
dell’uomo
è statica.
Da sempre
sfoggia
una corona
di pietra
istoriata
di guerre.
Toscana
Sirena
emersa dal mare
adagiata e pigra
mostri
geometria di forme
morbide.
Ti ornano le spalle
i ricci capelli
d’Appennino
e gli occhi d’agata
sfumano…
nell’infinito.
La schiena inarchi
quando il vento
ti solleva i veli
e sparge profumi
nelle conche
smeraldine.
Mia luce
a te ritorno
nell’ora inquieta
là
dove il tramonto
t’incendia i fianchi.
Tra silenziosi cipressi
mi accovaccio
mentre
una melodia
m’invade
e dopo…piango…
Graziella Cappelli
Piero Calamandrei (foto da web)
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio del torturati
Più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA.
Piero Calamandrei
Piero Calamandrei nacque a Firenze il 21 aprile 1889, morì nella stessa città il 27 settembre 1956. Fu un politico, un giurista, un avvocato, un docente universitario, e contribuì alla fondazione del Partito d’Azione. Fu inoltre uno dei nostri Padri Costituenti.
(foto da web)
Una forma indistinta
nell’azzurro dell’onda,
malvagia sembianza
di un dio degli abissi.
Le braccia minacciose
avvolgono l’acqua
chiudendosi
sui piccoli occhi sgomenti
di pesci minuti.
Frammenti rossi
nel mare impazzito,
incapace di calma.
Piera M. Chessa
(Dalla raccolta Un ordinato groviglio, Casa Editrice Il Filo – 2008)
La foto è di P.M. Chessa
Mi stupiscono ancora
gli alberi, i prati
e le siepi in fiore,
la loro varietà ed i colori
nonostante il dolore,
le ferite ancora aperte
e l’amarezza.
Ascolto i canti
della primavera,
riconoscente accetto
i suoi regali
da me sempre graditi,
accolgo con gioia
il calore del sole
e predispongo mente e cuore
ad una nuova nascita.
Piera M. Chessa
La foto è di P.M.C.
La vedi che arriva leggera
ancora un po’ incerta,
la senti nell’aria
posare in silenzio
il suo fiato sui fiori,
sulle gemme, sulle tenere foglie
che ricoprono i rami.
La senti nel cuore
che vibra sereno al suo arrivo,
nella mente che si apre al sorriso
dopo i giorni di freddo e di amaro.
La scopri negli occhi dei bimbi
che sanno gustare
un presente leggero di pene,
ignari di un mondo
che conosce il dolore.
Ma anche negli occhi dei vecchi
che si illudono ancora
di poter raccontare un’infanzia
ora molto lontana.
Piera M. Chessa
(foto da web)
Il testo che segue non vuole essere esattamente una poesia, ma è solo il desiderio di una donna, di una madre, di un’insegnante che in qualche modo spera in un futuro migliore per i bambini e i ragazzi di oggi, e nello stesso tempo prova molta paura per quel futuro pieno di incognite che li aspetta. Continuiamo a fare troppo poco per loro e per il Pianeta che li ospita e li ospiterà. Possiamo non essere preoccupati?
Amo i bambini,
li ho sempre amati
e per tanti anni
li ho accompagnati
nella loro crescita.
I bambini ricevono
doni speciali
dalla vita:
una spontaneità
e una schiettezza
che muoiono
se non vengono
nutrite.
Non priviamoli
dei regali più belli,
non derubiamoli
di queste grandi
ricchezze.
Non insegniamo loro
l’uso delle maschere
e l’ipocrisia,
ma aiutiamoli
ad essere in futuro
donne e uomini liberi
da ogni schiavitù.
Piera M. Chessa
(foto da web)
Sei seduto su un muretto
in un’ala del giardino,
sul viso la ferita
dopo una caduta.
Sul grembo le mani
che tieni incrociate,
e lo sguardo che sembra
osservare lontano.
Invece è la gatta che guardi
e che ora ti passa vicino.
E’ lei che ti ha fatto cadere
ma tu non ti mostri arrabbiato.
I gatti sono i tuoi amici,
amati compagni di vita,
presenti con coccole e fusa
nei tuoi momenti felici.
Piera M. Chessa