La vedi che arriva leggera ancora un po’ incerta, la senti nell’aria posare in silenzio il suo fiato sui fiori, sulle gemme, sulle tenere foglie che ricoprono i rami.
La senti nel cuore che vibra sereno al suo arrivo, nella mente che si apre al sorriso dopo i giorni di freddo e di amaro.
La scopri negli occhi dei bimbi che sanno gustare un presente leggero di pene, ignari di un mondo che conosce il dolore.
Ma anche negli occhi dei vecchi che si illudono ancora di poter raccontare un’infanzia ora molto lontana.
Il testo che segue non vuole essere esattamente una poesia, ma è solo il desiderio di una donna, di una madre, di un’insegnante che in qualche modo spera in un futuro migliore per i bambini e i ragazzi di oggi, e nello stesso tempo prova molta paura per quel futuro pieno di incognite che li aspetta. Continuiamo a fare troppo poco per loro e per il Pianeta che li ospita e li ospiterà. Possiamo non essere preoccupati?
Amo i bambini, li ho sempre amati e per tanti anni li ho accompagnati nella loro crescita.
I bambini ricevono doni speciali dalla vita: una spontaneità e una schiettezza che muoiono se non vengono nutrite.
Non priviamoli dei regali più belli, non derubiamoli di queste grandi ricchezze.
Non insegniamo loro l’uso delle maschere e l’ipocrisia, ma aiutiamoli ad essere in futuro donne e uomini liberi da ogni schiavitù.
Quanto silenzio quel giorno nel bosco, e quanta neve a ricoprire la terra e le radici degli alberi in essa conficcate.
Cielo e neve un unico colore, mentre i tronchi, disposti gli uni accanto agli altri, guardavano verso l’alto e i rami sottili accoglievano con fatica morbidi fiocchi stanchi.
Quante nuvole nel cielo di Firenze, quanta pioggia sui tetti e sulle vie! E’ sempre più raro un giorno di bel tempo in questo primo mese dell’anno.
Poi, improvviso, un raggio di sole: tenue, sbiadito, ma pur vero. Ed ecco che il cielo si apre e l’azzurro si espande.
Ora, oltre i tetti, si vede la cupola della chiesa di San Frediano in Cestello accarezzata dal sole. Basta poco perché anche nel mio cuore si accenda una piccola luce.
cagnolino mio, perché non voglio vederti soffrire così. Quanti giorni mesi e anni abbiamo trascorso insieme, ed ora che il tempo è giunto mi rendo conto di quanto sia stato inutile essermi preparata a questo triste momento che ora ci separerà.
Sarà impossibile dimenticarti. Hai donato negli anni a me e a tutti noi dosi massicce di affetto, la gioia dei tuoi occhi nel rivederci rientrando a casa dopo il lavoro. I tuoi strofinamenti sui nostri abiti che, ahimè, lasciavano il segno.
Quante continue spazzolate! E la tua linguetta sempre pronta a colpire e a lasciare le sue tracce. La tua soddisfazione nel gustare il cibo e i tanti premietti che ti abbiamo donato, pur sapendo che erano sì gustosi ma certamente non sani.
E posso dimenticare le tue corse gioiose nei boschi e sulle spiagge? Il doverti talvolta cercare perché sfuggivi alla nostra vigilanza?
Molte cose ancora vorrei ricordare di questa nostra bella vita insieme. Ma il dolore è grande e la malinconia mi avvolge ed è pesante. Mi fermo qui, non posso andare avanti.
Mi rimarranno i video e le fotografie, ma soprattutto quel tuo sguardo dolce da cerbiatto, ora vecchio e malato. Ti lascio andare, eppure ugualmente ti porterò con me, e questa volta sarà per sempre.
Lavora in un piccolo supermercato, Amath, e viene dal Senegal, e come tanti ha attraversato il mare. Un mare in burrasca, quel giorno ora lontano, che a molti suoi compagni ha rubato la vita.
Era ancora piccolo, nessuno lo accompagnava su quel vecchio barcone carico di migranti, eppure qualcuno mosso da pietà gli è stato accanto. Ora Amath è cresciuto, conosce una lingua nuova e ha trovato un lavoro.
La sua è una vita dura e il giorno incomincia presto, quando il buio notturno avvolge ancora Firenze. Ma lui sorride sempre mostrando candidi denti, mentre i suoi occhi luminosi e schietti incontrano talvolta i miei.