Poesie d’amore, di Nazim Hikmet

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Apprezzo Nazim Hikmet da tanti anni, è un autore che ha suscitato subito in me interesse e curiosità, e che non ho più smesso di frequentare.
Nacque in Turchia, a Salonicco, nel 1902, e morì a Mosca nel 1963.
Fu un grande poeta, ma anche romanziere e giornalista, fu saggista e si occupò di teatro. Negli anni Venti si recò in Russia ed entrò in contatto con diversi autori, tra questi frequentò in modo più assiduo Majakovskij.
Rientrò poi in Turchia, però, a causa della sua convinta opposizione al regime di Ataturk, nel 1938 fu arrestato e condannato a trascorrere in carcere moltissimi anni. Tredici nel carcere di Bursa, in Anatolia, terra che amò moltissimo e al cui popolo rimase profondamente legato, e in seguito, anche in altre carceri.
Riacquistò la libertà nel 1950, decise di lasciare la Turchia per trasferirsi nuovamente in Russia, a Mosca, dove morì appunto nel 1963. Aveva poco più di sessant’anni.
Hikmet scrisse molte poesie sull’amore, dando tuttavia a questo termine significati diversi, scrisse per molte donne e, nello stesso tempo, dedicò la sua vita e la sua poesia all’incontro e al dialogo con tutti gli uomini, scrivendo e interessandosi agli avvenimenti del suo tempo.
Il libro dal quale ho tratto le poesie si intitola Poesie d’amore, pubblicato da Arnoldo Mondadori Editore.
La raccolta si apre con una lettera scritta dall’autore a Joyce Lussu, sua amica e moglie di Emilio Lussu, nella quale spiega il perché lui scriva poesie e racconta il percorso che lo ha portato alla scelta di questa forma di espressione. Una lettera molto interessante che permette di conoscerlo in modo più approfondito.
Ne riporto un brevissimo passo.

“Cara Joyce,

Mi domandi perché scrivo delle poesie?
Sarebbe più giusto porre la domanda in altro modo. Perché e come ho cominciato a scrivere delle poesie.
Cerco di ricordare.”

Il libro si chiude invece con una Nota della stessa Joyce Lussu, la quale racconta ciò che avvenne nel giorno del funerale di Hikmet, e nello stesso tempo traccia un coinvolgente ritratto di quest’uomo straordinario che continua ad essere amato ancora oggi.

Joyce Lussu scrive:

“Hikmet aveva sessant’anni e li portava assai bene, salvo la malattia di cuore, che non appariva; […] Era un uomo bello e amabile, che si muoveva con grazia e vivacità, e parlava con gli altri nel modo più estroso e diretto. Era un grande poeta e un combattente assai valoroso, e piaceva alle donne. Ma questo eccesso di doti aveva come correttivo un ingualcibile candore, una capacità di fiducia, di meraviglia e di rispetto verso l’umanità e verso le cose.”

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Di seguito, i testi poetici da me scelti.

Da “LETTERE DAL CARCERE
A MUNEVVER”

Prigione di Bursa (Anatolia)

1942

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

1948

I giorni son sempre più brevi
le piogge cominceranno.
La mia porta, spalancata, ti ha atteso.
Perchè hai tardato tanto?

Sul mio tavolo, dei peperoni verdi, del sale, del pane.
Il vino che avevo conservato nella brocca
l’ho bevuto a metà, da solo, aspettando.
Perché hai tardato tanto?

Ma ecco sui rami, maturi, profondi
dei frutti carichi di miele.
Stavano per cadere senz’essere colti
se tu avessi tardato ancora un poco.

Da “FUORI DEL CARCERE

Istanbul, 1951

Il mattino

Ti svegli.
Dove sei?
A casa.
Non hai potuto ancora abituarti:
al tuo risveglio
trovarti a casa.
Ecco quel che ti lasciano
tredici anni di carcere.

Chi c’è nel letto, accanto a te?
Non è la solitudine, è tua moglie.
Dorme coi pugni chiusi, come un angelo.
Le dona, essere incinta.
Che ore sono?
Le otto.
Possiamo dunque star tranquilli
fino a sera.
E’ l’uso,
la polizia non fa irruzione in pieno giorno.

Da “IN ESILIO

Arrivederci
fratello mare

Varna, 1951

Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.

Foglie morte

Lipsia, settembre 1961

Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
soprattutto se sono ippocastani
soprattutto se passano dei bimbi
soprattutto se il cielo è sereno
soprattutto se ho avuto, quel giorno,
una buona notizia
soprattutto se il cuore, quel giorno,
non mi fa male
soprattutto se credo, quel giorno,
che quella che amo mi ami
soprattutto se quel giorno
mi sento d’accordo
con gli uomini e con me stesso
veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
dei viali d’ ippocastani.

Mosca, 1962

Ti sei stancata di portare il mio peso
ti sei stancata delle mie mani
dei miei occhi della mia ombra

le mie parole erano incendi
le mie parole eran pozzi profondi

verrà un giorno un giorno improvvisamente
sentirai dentro di te
le orme dei miei passi
che si allontanano

e quel peso sarà il più grave.

(Nazim Hikmet, Poesie d’amore, Traduzione di Joyce Lussu, Arnoldo Mondadori Editore)

3 thoughts on “Poesie d’amore, di Nazim Hikmet

  1. Grazie per averci proposto questo grande poeta, Piera. Leggendo un po’ la storia della sua vita penso che le più belle poesie nascano proprio da situazioni di sofferenza e di dolore. Poesie come fiori meravigliosi a dispetto delle condizioni avverse in cui si trovano a vivere. Fiori di poesie che non appassiranno mai!
    Gio

  2. Sono d’accordo, Gio, le poesie più belle, penso ora a dei grandi poeti del passato ma anche a qualcuno contemporaneo, scaturiscono spesso da grandi sofferenze, è il dolore probabilmente che porta la poesia ad alti livelli, la nutre e la nobilita.
    Grazie per il bel commento. Un caro saluto.
    Piera

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