Un amore grande

 

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Erano entrambi vicini ai quarant’anni Tania e Mirko, quando si incontrarono per la prima volta, forse lui ne aveva qualcuno in più. Si erano lasciati alle spalle storie difficili, e tanto dolore. Con fatica avevano cominciato a ricucire i frammenti delle loro vite, e vi erano riusciti. Lo avevano fatto insieme, riscoprendo stupiti che l’esisteva aveva in sè ancora tanto da dare.
Avevano convissuto per qualche anno, poi, un giorno, questa soluzione non era parsa loro più sufficiente. Sebbene non avessero dimenticato la sofferenza legata alle storie precedenti, avevano deciso di riprovarci. Così, in un giorno tiepido di fine estate, senza tanto clamore, alla presenza dei soli testimoni, si erano sposati civilmente.
Agata, quando lo seppe, a nozze avvenute, ne fu molto felice. Aveva avuto modo di conoscerli un poco, essendo vicini di casa, ne conosceva in buona parte le storie passate, ma soprattutto il presente, l’intesa che si era creata, la loro nuova serenità.

Tania era una bella donna, aveva una carnagione di porcellana di cui era perfettamente consapevole, e che curava molto con delle ottime creme nutrienti, ma non meno belli erano i suoi capelli.
Neri, robusti e folti, leggermente ondulati. Tuttavia lei li desiderava lisci, e faceva di tutto per averli così.
Per diversi anni portò quella chioma nera, poi decise di schiarirla un po’. “Per dare al viso più luce”, diceva. E in effetti stava benissimo, era stata un’ottima scelta.
Anche Mirko era un bell’uomo. Abbastanza alto, per quanto non altissimo, molto magro, con le spalle leggermente curve. Non amava purtroppo le palestre, eppure ne avrebbe avuto bisogno.
I suoi capelli neri, tenuti sempre corti, si erano col tempo, o per via delle vicissitudini, sbiancati. Ma ne aveva tanti, e quell’argento sulla testa non gli stava affatto male.
Si erano conosciuti in un Ufficio Postale della loro città, dove entrambi lavoravano già da qualche anno. Per qualche tempo erano stati degli ottimi colleghi, poi, amici veri; si erano consolati a vicenda nel ricordare i propri momenti neri, aiutandosi reciprocamente.
Dopo qualche tempo avevano incominciato ad incontrarsi anche lontano dall’ambiente di lavoro. Lei, ottima cuoca, le era sempre piaciuto pasticciare in cucina, gli raccontava ciò che preparava per il pranzo e per la cena, pur vivendo da sola, e Mirko, meravigliato, si chiedeva che voglia potesse avere una donna sola di preparare pietanze complicate. Lui, da tempo, si accontentava di ciò che offriva la piccola rosticceria a due passi da casa, oppure di prepararsi velocemente una pastasciutta al sugo, una delle pochissime cose che sapeva fare.
Diceva sempre di non avere tempo per stare davanti ai fornelli, in realtà non ne aveva voglia, impegnato com’era a combattere i vecchi fantasmi.
Così Tania, un giorno, sentendo questi discorsi lo invitò a casa sua per il pranzo.
Era una domenica, Mirko la ricordava ancora, una bella giornata di un gennaio che era stato piuttosto freddo, e che allora, in quei suoi ultimi giorni, aveva deciso, clemente, di regalare qualche giornata di sole.
Era stata Tania a ricordarsi, mentre prendevano un aperitivo insieme, che gli ultimi giorni di gennaio venivano chiamati “i giorni della merla”. E davanti allo sguardo stupito di Mirko raccontò la leggenda.
Lui ricordava molto bene anche quel momento. E gli sembrava di vedere la sua Tania, mentre parlava, e subito dopo vedeva se stesso che pensava: ” Sembra una maestrina, bella ma anche brava, e come racconta bene le storie! Avrebbe dovuto insegnare, non lavorare in un ufficio!”.
Sta di fatto che quell’aperitivo prima del pasto, per quanto leggero, seguito dalle ottime pietanze che lei aveva preparato, accompagnate da un gradevolissimo vino, insomma, tutto l’insieme, conclusosi con una torta profumata, fecero in modo che l’affettuosa amicizia si trasformasse in qualcosa di più profondo.

Erano trascorsi più di vent’anni da quei giorni così belli che promettevano tempi sereni. Ed erano stati anni sereni, per quanto intrecciati con momenti anche molto difficili. Eppure insieme avevano superato tutto, guardando sempre in avanti.
Lei, forte e tenace, decisa a proteggere in ogni modo quel legame nel quale aveva ormai investito l’intera vita, lui, altrettanto determinato, era tuttavia più chiuso in se stesso, un po’ “ruvido” in alcuni momenti, ma con un cuore “di burro”, come ripeteva spesso Tania. Sempre più innamorato di una donna che gradualmente era riuscita anche a cambiarlo un poco, a stemperare quel suo stare sempre “dentro un guscio”.
Amabile in apparenza, rimaneva suo malgrado un po’ sulla difensiva.”Una caratteristica di tutti noi, in famiglia”, aveva confidato a Tania un giorno, e lei questo, in seguito, ebbe modo di verificarlo personalmente.
Vent’anni di complicità, di viaggi, durante le ferie che cercavano di prendere insieme, facendo talvolta dei voli pindarici, accordandosi con i colleghi, rinunciando a qualcosa durante l’anno. E poi, via! Spagna, Grecia, Turchia, Croazia, e ancora, le belle capitali dell’Est. Praga soprattutto era rimasta a lungo nei loro cuori.
In Turchia avevano invece cercato i luoghi descritti da Pamuk nel suo bellissimo libro “Istanbul”. In Grecia avevano visitato i luoghi più belli e rappresentativi di quella terra straordinaria. Quante foto erano state scattate! Della Spagna avevano visitato alcune città, fermandosi soprattutto a Madrid, e riproponendosi di tornarvi presto. Della Croazia ricordavano il mare, l’incanto delle sue spiagge… E quanti viaggi ancora anche in Italia! Ma puntavano all’estero. “L’Italia la visiteremo tutta quando saremo più avanti nell’età, ora abbiamo ancora tante cose in programma”, dicevano.
Volevano andare in Egitto, negli Stati Uniti, visitare le regioni scandinave, vedere quei magnifici fiordi tante volte ammirati nelle foto e nei filmati visti alla televisione. Quanti sogni da realizzare, e tutti possibili.

E invece le cose non erano andate così. Questo pensava Mirko in quel momento, avvicinandosi alla sua Tania che, immobile e con gli occhi chiusi, stava distesa in un anonimo lettino d’ospedale.
Tutto era successo in brevissimo tempo. Quattro mesi prima si era ammalata, una di quelle malattie aggressive che non tengono certamente conto di niente, tantomeno dei sogni delle persone, che così spesso rimangono a metà.
Ora Tania si trovava in una di quelle strutture che ospitano sia il malato che un suo familiare.
C’era un cartello all’ingresso, con una parola scritta in stampato grande, Hospice, che ad Agata, la loro amica e vicina di casa, sembrò, quando lo vide per la prima volta, un termine gigantesco, una parola senza fine, che le fece provare una profonda inquietudine.
Agata, l’amica discreta e sempre presente nei momenti giusti, quelli in cui Mirko aveva bisogno di una mano tesa ma mai invadente, di una parola giusta, quando era necessaria, del silenzio prolungato di certi momenti, quando niente può essere di aiuto se non il silenzio, avendo però qualcuno vicino.

Quante volte Mirko, in quei giorni, aveva percorso quel brevissimo tratto che dal ” suo” divano letto portava al lettino di Tania. Si avvicinava per sistemare il lenzuolo, per farle una lieve carezza, leggera, per non farle male, per posare le labbra sulla sua fronte, per controllare che i macchinari funzionassero bene.
Ma questi gesti affettuosi Mirko li compiva quand’era solo nella stanza, in quei momenti in cui lui e Tania erano ancora famiglia e avevano un minimo di intimità.
Quanta gente entrava e usciva in quello spazio ristretto: medici, infermiere, parenti, conoscenti… E lui sempre attento, soprattutto con i visitatori occasionali.
Conoscevano tantissime persone, erano apprezzati e stimati, in tanti erano voluti venire a salutare Tania, a stare per un momento anche accanto a lui. Ma la sua preoccupazione prioritaria era che lei non si stancasse ulteriormente, che non provasse dolore.
Poteva fare ben poco ancora, i medici avevano fatto il possibile e l’impossibile, l’unico scopo ora era quello di evitarle ulteriori sofferenze.
Mirko lo sapeva bene, sapeva bene tutto fin dall’inizio, ora lui poteva solo donarle il suo profondo affetto e la sua vicinanza. E attendere che lei si addormentasse, perché indietro non si poteva più ritornare.

 

(Dalla raccolta “Sguardi di donne”)

 

Piera M. Chessa

 

2 thoughts on “Un amore grande

  1. L’avevo letto ieri in facebook e mi era rimasto in mente. Un racconto verosimile. I personaggi sono tratteggiati con grande cura e affettuosità, tanto che nel finale li ho proprio sentiti vicini e veri. Tu sai raccontare la gente comune, che non è mai comune.
    Complimenti Piera

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