Marguerite Yourcenar e le sue “Memorie di Adriano”

Ieri, 8 giugno, era l’anniversario della nascita di Marguerite Yourcenar. Questa straordinaria scrittrice nacque infatti a Bruxelles l’8 giugno del 1903 e morì a Mount Desert, negli Stati Uniti, il 17 dicembre del 1987. Il libro che le consentì di essere conosciuta a livello mondiale fu “Memorie di Adriano”, pubblicato nel 1951, ma diversi altri ne scrisse prima e anche dopo quell’anno per lei così importante. Fu inoltre saggista e scrittrice di testi teatrali, numerose le sue opere in questi campi, e poetessa, le sue poesie, considerate spesso prose poetiche, vennero raccolte nell’opera “Fuochi”, pubblicata nel 1936, e in “La carità di Alcippe”, del 1974.

Nei suoi scritti trattò numerosi temi, in particolare quello della morte.

Di seguito, un interessante e coinvolgente brano tratto da quel libro straordinario che è Memorie di Adriano. L’ho scelto perché parla del sonno e, in qualche modo, anche dei sogni, argomenti che interessano molto per la loro complessità.

“Di tutti i piaceri che lentamente mi abbandonano, uno dei più preziosi, e più comuni al tempo stesso, è il sonno. Chi dorme poco o male, sostenuto da molti guanciali, ha tutto l’agio per meditare su questa voluttà particolare. Ammetto che il sonno perfetto è quasi necessariamente un’appendice dell’amore: come un riposo riverberato, riflesso in due corpi. Ma qui m’interessa quel particolare mistero del sonno, goduto per se stesso, quel tuffo inevitabile nel quale l’uomo, ignudo, solo, inerme, s’avventura ogni sera in un oceano, nel quale ogni cosa muta – i colori, la densità delle cose, persino il ritmo del respiro, un oceano nel quale ci vengono incontro i morti. Nel sonno, una cosa ci rassicura, ed è il fatto di uscirne, e di uscirne immutati, dato che una proibizione bizzarra c’impedisce di riportare con noi il residuo esatto dei nostri sogni. Ci rassicura altresì il fatto che il sonno ci guarisce dalla stanchezza; ma ce ne guarisce temporaneamente, e mediante il procedimento più radicale riuscendo a fare che non siamo più. Qui, come in altre cose, il piacere e l’arte consistono nell’abbandonarsi deliberatamente a quest’incoscienza felice, nell’accettare di esser sottilmente più deboli, più pesanti, più leggeri, più vaghi dell’esser nostro. Tornerò in seguito sulla popolazione prodigiosa dei sogni: preferisco parlare di certe esperienze di sonno puro, di puro risveglio, che confinano con la morte e la risurrezione. Cerco di riafferrare la sensazione precisa di certi sonni fulminei dell’adolescenza, quando si piombava addormentati sui libri, ancora vestiti, e dalla matematica o dal diritto si era trasportati d’un tratto entro un sonno duro e compatto, denso di energie potenziali, tanto che vi si assaporava, per così dire, il senso puro dell’essere attraverso le palpebre chiuse.”

2 thoughts on “Marguerite Yourcenar e le sue “Memorie di Adriano”

  1. Lessi “Memorie di Adriano” nell’83 e per molto tempo ho pensato che non ce ne fossero di migliori, forse solo l’altro suo “L’opera in nero”. Grazie per l’attenzione dedicata a questa grande autrice.
    Franca

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